12 dicembre 1969: una strage di Stato contro la libertà operaia

Sono passati circa 41 anni da quel 12 dicembre 1969, quando, alle ore 16,37, una bomba esplose nel salone della Banca dell'agricoltura di Piazza Fontana a Milano, provocando 17 morti e 90 feriti.
Otto minuti dopo un'altra bomba incendiò la Banca nazionale del lavoro a Roma provocando 14 feriti. Alle 17,16 e alle 17,24 esplosero altre due bombe nella capitale: una all'Altare della patria e l'altra, a pochi metri di distanza, all'ingresso del museo del Risorgimento provocando altri feriti.
La carneficina milanese si guadagnò subito il proprio nome: la strage di Piazza Fontana. Per le persone di allora fu la prima volta. C'erano stati degli eccidi, nell'Italia repubblicana, di mafia e di polizia, c'era stata, il Primo maggio del 1947, Portella della Ginestra; massacro preventivato da quegli alleati statunitensi che sbarcarono in Sicilia e con i quali l'amministrazione militare alleata dei territori occupati lavorò in stretta collaborazione con la mafia siciliana e i proprietari terrieri, per controllare la nuova amministrazione civile, impedire l'accesso ai comunisti a funzioni pubbliche e combattere con tutti i mezzi il crescente movimento dei contadini senza terra.
Per paragonare quello che successe in Piazza Fontana bisogna risalire fino alla seconda guerra mondiale, con i rastrellamenti nazi-fascisti ad opera dei “bravi ragazzi di Salò”, parafrasando il “compagno” ex-PCI, ex-PDS, ex-DS, ora PD Luciano Violante, coadiuvati dagli occupanti tedeschi, impartiti ai partigiani, grandi protagonisti della Resistenza, dove questa città che mangia tutto e dimentica in fretta vuole intitolare una via al camerata Protti, fido fascista del ras Farinacci, sporcandosi la coscienza cittadina per sempre, con il “sangue agli occhi” (George Jackson, 1968) dell'eccidio della Val di Susa, dove morirono anche cinque nostri concittadini.
Dal 12 dicembre del 1969, “l'Italia non fu più un paese normale” (Adriano Sofri, 2009), qualora lo fosse stato anche in passato, un paese segnato dalla Resistenza partigiana tradita dalla stessa Sinistra istituzionale, legalitaria e collaborazionista, e dove solo la spontaneità operaia e popolare cacciò un governo, presieduto dal servo democristiano Tambroni, con l'appoggio dei fascisti dell'MSI solo nove anni prima. Anche qui, purtroppo, la pendenza è sempre la stessa: morti a Reggio Emilia, morti a Genova...
Da quella data un susseguirsi di stragi. Il 22 luglio del 1970 una bomba fece deragliare il Treno del Sole a Gioia Tauro, i morti furono 6. Il 28 maggio 1974, una bomba nascosta in un cestino era esplosa durante una manifestazione antifascista in piazza della Loggia a Brescia: i morti furono 8, i feriti 94. Neanche tre mesi dopo, la notte del 4 agosto 1974 un bomba esplose in una vettura dell'espresso Italicus Roma-Brennero; 12 morti e 50 feriti. Nel DC9 precipitato a Ustica il 27 giugno 1980 erano morte 81 persone. Il 2 agosto del 1980, la bomba che scoppiò nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, provocando 85 morti e 200 feriti. Il 23 dicembre del 1984 fu la volta del treno rapido 904, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro: 17 morti, 250 feriti. In tutti i casi citati, tranne quello di Ustica dove i responsabili sono ancora ignoti, gli attentati furono opera di terroristi legati all'estrema destra, con complicità, coperture e depistaggi di apparati dello Stato.
Ecco un po' di nomi e sigle da ricercare del terrorismo nero: NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), Franco Anselmi, Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Peppe Dimitri, Ordine Nuovo, Pino Rauti, Roberto Fiore, Giovanni Ventura, Franco Freda, Delfo Zorzi, Stefano Delle Chiaie, Terza Posizione...
Subito dopo la strage di Piazza Fontana, la sera del 12 dicembre 1969, viene fermato il ferroviere anarchico Pinelli, che con il proprio motorino (mai fidarsi dei servi dello Stato, che si chiamino Digos, Carabinieri, Polizia di Stato ecc..) seguì la pattuglia fino alla centrale di Milano, dove avvenne l'interrogatorio.
Qui, c'è una stanza al quarto piano della Questura di Milano, è di Luigi Calabresi, un giovane commissario dell'Ufficio Politico (nome usato per associare la Digos in quegli anni) che, insieme ad altri quattro sottufficiali, inizia la lunga serie di domande che durarono fino alla sera del 15 dicembre. Nella notte di quel giorno, Giuseppe Pinelli morì in seguito al volo dal quarto piano della questura di Milano. Il questore Marcello Guida dichiarò che si trattava di un suicidio e di “un'autoaccusa per le bombe”.
Da li a poco viene catturato l'altra “belva”, il ballerino anarchico Pietro Valdpreda, che subirà 1110 giorni di carcere “politico”; politico perché tutti sappiamo oggi, come allora, che i due anarchici, frequentatori del circolo libertario milanese XXII Marzo, non centrassero niente con questa strage.
Oggi tutti dicono che a piazza Fontana non morirono 17 persone, ma 18, con l'aggiunta del ferroviere Pinelli, omicidio “commissionato” dalla Questura di Milano (che lasciò la moglie Licia con due figli piccoli), togliendo la vita e la dignità terrena anche ad una diciannovesima persona: il creativo Valpreda.
Tornando a quei giorni, il 21 dicembre 1969, finisce il cosiddetto “autunno caldo”: l'accordo sul contratto dei metalmeccanici, il più spinoso dell'epoca e il più combattuto, è raggiunto: 40 ore settimanali, aumenti salari uguali per tutti, limitazione degli straordinari, diritti sindacali e di rappresentanza di fabbrica.
Difficili dire quando cominciò, ma quello che è passato alla storia come “autunno caldo”, inizia ben prima degli ultimi mesi del 1969. Una storia più lunga di qualche mese autunnale, spinto dal quel fantasioso movimento come fu quello sessantottino, impossibile fissarne l'avvio in un solo evento o in un solo giorno.
Certa, invece, è la data di conclusione: 12 dicembre 1969, strage di piazza Fontana e, a seguire, un precipitoso chiudersi del contratto più complicato e rappresentativo, come citato precedentemente: quello dei metalmeccanici.
Da lì inizia un'altra storia, dentro e fuori dalle fabbriche, troppo segnata da tutti i poteri, palesi e soprattutto occulti, diversi ma con un unico scopo: bloccare l'emancipazione della classe salariata, quindi della maggioranza del popolo del vostro finto e tetro “bel paese”.
“Vostro” e non nostro anche per questi aspetti, come diceva qualcuno nella Spagna libertaria del '36: “Nunca patria, hasta la muerte!”. Un motivo in più per affermare di essere nati in questo Stato ma di non sentirci figli...
A quei tempi si radicalizzarono le lotte, si passò dal concetto di democrazia delegata a quella diretta e si innovarono gli strumenti di comunicazione dal e per i movimenti sociali. Rivolta e contrattazione, ribellioni e aspetti rivoluzionari contro-sistema composero un mix unico.
A partire dalle fabbriche si fornì l'esempio, troppo sbandierato e poco praticato nella storia, di un “nuovo mondo è possibile”.
Quegli operai cercavano la libertà, seguendo l'esempio libertario della ricerca di essa in comunità, con una condizione che con il crescere dell'industria ad alta intensità lavorativa e a basso tasso di innovazione, era diventata insopportabile: nei ritmi troppo alti, nel controllo “militare” dei capi, nei salari troppo bassi; aspetti che le fabbriche di oggi vedono, purtroppo, tornare in auge grazie ai vari Marchionne, Maroni, Bonanni, Angeletti, Marcegaglia, Bersani e tutti quei sinistri personaggi sempre dalla parte dei padroni-sfruttatori e mai dall'altra parte della barricata insieme agli oppressi operai di oggi, come quelli di ieri.
In quelle lotte di fine anni Sessanta, condizione materiale e possibilità promesse cozzavano fra loro. Così, la libertà di quegli operai la trovarono in un protagonismo che li portò negli anni successivi a cercare di governare le loro fabbriche pur senza possederle.
Le stragi nere e il terrorismo di Stato americanizzato, nascosto dall'aurea clerical-fascista democristiana, riuscirono a spezzare un movimento spontaneo che voleva andare aldilà del capitalismo oppressivo, una lotta portata avanti in senso egualitario.
Se noi oggi riuscissimo a evitare la nostalgia del tempo perduto, ricollocando nella materialità vissuta dei suoi protagonisti, tutta questa esperienza ci aiuterebbe a comprendere il potere del pensiero unico del neoliberismo, dove il consumo e non il produrre è al primo posto, riconoscendo il continuo sfruttamento lavorativo, l'usurante stillicidio ambientale, il ricorso a continui atti repressivi e non integrativi e di tolleranza, dove la parola “integrazione” viene associata solo alla parola “cassa”, dove la corsa sempre più sfrenata a guerre sparse per il mondo è l'unica via del “vivere comune”.
Questo sistema impone tutti questi aspetti sulla vita di ognuno di noi.
E' per questo che “la ricerca di vie di discontinuità provocanti e creative”(Friedrich Nietzsche, 1872) che possono metterlo in discussione devono essere perseguite, praticando veramente un “altro mondo”, attraverso valori come la libertà, l'uguaglianza, la laicità, l'antirazzismo, l'antiautoritarismo e l'autogestione.
Tutto questo è fondamentale ricordando e studiando il passato perché il futuro è perso senza memoria, dove nel presente la ribellione è l'unica dignità dello schiavo.
pubblicata da CSA KAVARNA Il giorno lunedì 12 dicembre 2011 alle ore 22.14.

http://www.fdca.it/
Le masse egiziane si sollevano nuovamente
Testimonianza di un comunista anarchico egiziano.
La redazione di Anarkismo.net è riuscita a contattare un comunista anarchico egiziano, Yasser Abdullah, esponente del Movimento Socialista Libertario egiziano, il quale ci ha fornito una testimonianza della complessa lotta in corso e del potenzale per una completa rivoluzione da parte delle masse.
Centinaia di migliaia di egiziani stanno lottando in tutto il paese contro l'apparato repressivo della giunta militare. Siamo di fronte ad una genuina ribellione da parte degli oppressi e non in presenza di uno scontro tra gli islamisti e l'esercito come viene riportato da alcuni media.
La redazione di Anarkismo.net è riuscita a contattare un comunista anarchico egiziano, Yasser Abdullah, esponente del Movimento Socialista Libertario egiziano, il quale ci ha fornito una testimonianza della complessa lotta in corso e del potenzale per una completa rivoluzione da parte delle masse.

Centinaia di migliaia di egiziani stanno lottando in tutto il paese contro l'apparato repressivo della giunta militare. Siamo di fronte ad una genuina ribellione da parte degli oppressi e non in presenza di uno scontro tra gli islamisti e l'esercito come viene riportato da alcuni media.
Antonio Gutiérrez D.
ALTERNATIVA LIBERTARIA SICILIA

ALTERNATIVA LIBERTARIA SICILIA novembre 2011 in occasione dello sciopero del 17
Scarica in formato PDF:
pag. 1 - pag. 2
Gli articoli di questo numero:
E' finito il neoliberismo? Tutti a casa?, Seg. Naz. FdCA
Necessita l'unità di classe
Sciopero Generale, Comunicato congiunto
Festa FdCA per i 25 anni della Federazione
Oggi, nel 1923, Luigi Fabbri
pag. 1 - pag. 2
Gli articoli di questo numero:
E' finito il neoliberismo? Tutti a casa?, Seg. Naz. FdCA
Necessita l'unità di classe
Sciopero Generale, Comunicato congiunto
Festa FdCA per i 25 anni della Federazione
Oggi, nel 1923, Luigi Fabbri
IN RICORDO DI " PIETRO GORI"

Siamo tutti invitati all'inaugurazione.
Sul sito: http://www.pietrogori.it/
tutte le indicazioni per raggiungere il punto di ritrovo e il programma
Viva
l'Anarchia

L'Eurozona nomina nuovi dittatori mentre si diffonde l'Occupy Movement

L'Eurozona nomina nuovi dittatori mentre si diffonde l'Occupy Movement
Date: Thu, 2011-11-17 12:55
Questa volta non è stato necessario nè mandare carriarmati ed autoblindo nè spianare i fucili. La scorsa settimana, nel giro di una notte, greci ed italiani si sono ritrovati con i loro legittimi governi rimpiazzati da una nuova dittatura post-moderna con l'investitura di "tecnocrati" vicerè da parte della BCE. Nella nuova Eurozona, quindi, il vecchio dogma liberale per cui capitalismo moderno e democrazia sono strettamente connessi, si è tramutato in nient'altro che una fatua storiella.
Nel 1938, in una trasmissione radio diretta agli USA, Churchill avvertiva gli Americani che "si spengono le luci" in tutta Europa. Ora, da un punto di vista anarchico, i governi eletti nelle democrazie liberali del capitalismo non sono certo fari di luce, impediti come sono dalla possibilità di raddrizzare le ingiustizie economiche perchè devono rispettare l'inviolabile proprietà privata nelle mani dell'1% della popolazione e costretti all'impotenza di fronte alle forze dei mercati. Eppure, la loro messa fuori gioco, uno dopo l'altro, in tutta l' Eurozona, non è certo cosa da meritare appena un distratto commento. Anzi, è quasi sorprendente quanta poca protesta vi sia stata da parte dei media nominalmente liberali di fronte a questo impeto di nuove dittature in Europa.
Ricordiamoci che alla fine di ottobre, una riunione sulla crisi allargata ai leaders dell'Eurozona (EZ) terminò con l'annuncio di un "accordo definitivamente conclusivo e finale" per risolvere la crisi del debito greco. La settimana dopo, il primo ministro greco Papandreou, sentendo che sarebbe stato costretto alle dimissioni dai suoi rivali nel PASOK, con l'appoggio dell'opposizione, dichiarava che non avrebbe dato corso alle misure di austerità senza sottoporle ad un referendum del popolo greco. Il fatto che si trattasse solo di un cinico ed egoista stratagemma all'interno di una trattativa, senza alcuna intenzione reale di far svolgere veramente il referendum, non deve comunque farci sottovalutare il fiume di accuse al vetriolo che da tutte le parti si sono riversate contro l'idea che il popolo greco potesse essere consultato su questioni economiche decisive per il suo futuro.
Papandreou è stato infine costretto alle dimissioni da una campagna di pressioni sia all'interno della Grecia che da parte di esponenti del nucleo franco-tedesco, ora organizzatosi in "Groupe de Francfort" (GdF), favorevole ad un governo di "Unità Nazionale" guidato dal non-eletto Lucas Papademos, già presidente della banca centrale greca (durante il periodo in cui lavorava per Goldman Sachs per acconciare i conti dello stato), e più recentemente Vice-Presidente della BCE ed associato presso il Centro di Studi Finanziari dell'Università di Francoforte.
A proposito di Francoforte, è bene presentare i nostri nuovi governanti, il Frankfurt Group. E' stato costituito lo scorso 19 ottobre nel corso di una festa di pensionamento presso la Frankfurt Opera House in occasione del ritiro del presidente della BCE, Jean-Claude Trichet. Vi fanno parte la nuova presidente francese del FMI, Christine Lagarde (ex-ministro del governo Sarkozy), il nuovo presidente della BCE, l'italiano Mario Draghi, il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barosso, il presidente del Cosiglio Europeo Herman Van Rompuy, il commissario UE per gli Affari Economici e Monetari Olli "il colpitore" Rehn, e naturalmente la Merkel e Sarkozy (o anche "Merkozy" come sono chiamati nei circoli diplomatici e giornalistici). Effettivamente si tratta dei principali interessati all'interno della Troika che stanno gestendo la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo ed ora l'Italia, a cui si aggiungono i 2 leaders politici. Questa sorta di giunta del GdF non è facilmente descrivibile tanta è la sua informalità e la sua opacità. Nessun testo pubblicato, nessun fondamento legale, nessuna responsabilità verso terzi. Eppure è questa ora la struttura dominante di governo sia per l'Eurozona che, per estensione, per l'intera UE. Detto questo, bisogna anche rendersi conto che tale gruppo è ben lungi dall'avere posizioni unitarie sulle questioni più importanti - grande disaccordo e distanze esistono tra Sarko e la Merkel e la BCE1. Persino una tale struttura così ristretta ed autocratica si dimostra allo stato attuale non in grado di superare la paralisi nel cuore dell'Europa.
Nel frattempo il panico verso la situazione greca ha messo al tappeto anche l'Italia. Berlusconi era già incorso nelle ire della giunta del GdF per la sua incapacità di far passare presso i suoi imprevedibili alleati e in un parlamento in perenne caos un pacchetto di austerità fatto di brutali tagli. Era già stato convocato per un pre-vertice prima del summit sulla crisi del 25-27 e gli era stato detto che era meglio tornarsene a casa per preparare qualcosa di meglio da portare ad un secondo vertice. E' stato poi costretto a comparire davanti al summit come uno scolaretto negligente per dire che il cane gli aveva mangiato i compiti per casa. Il GdF era ormai giunto alla conclusione che il navigato crooner nonchè romeo ormai ottuagenario era troppo preso dai suoi affari di sesso e dagli scandali per corruzione per poter "prendere in mano" la situazione dell'Italia. Durante la settimana del referendum fasullo sulla crisi greca, i rendimenti sui BTP italiani a 10 anni erano saliti in modo allarmante. Alla fine della prima settimana di novembre, lo spread tra i titoli italiani decennali ed i bund tedeschi decennali era salito sopra la soglia dei 450 punti base provocando da parte delle clearing houses (stanze di compensazione, agenzie per il corretto funzionamento della Borsa, ndt) una chiamata ad aumentare il margine (deposito cauzionale, ndt)2.
Ancora una volta, le solite fonti dei media hanno iniziato a dire che l'unica soluzione al "problema Berlusconi" era la sua sostituzione con un un governo "tecnocratico". I rendimenti sui titoli italiani erano rimasti alti per tutta la settimana, tanto da far chiudere i rubinetti del credito per il mercato italiano e da spingere i capitalisti italiani ad unirsi alla protesta per chiedere la testa di Berlusconi. Si scopre ora che il nuovo presidente della BCE, l'taliano Mario Draghi, aveva deliberatamente strozzato il riacquisto di titoli italiani da parte della BCE rispetto ai livelli di acquisto degli ultimi mesi, per tenere i rendimenti abbastanza alti da costringere Berlusconi a lasciare. E' chiaramente visibile come alle spalle delle "forze del mercato" ci sia l'intervento del GdF. E così, infine, domenica 13 novembre, Berlusconi ha finalmente gettato la spugna, per la gioia della maggior parte degli italiani. Ma la folla in festa che ha seguito l'auto del premier per le strade di Roma lanciandogli addosso monetine ed il coro che intonava l'Alleluja dal Messia di Handel non devono farci dimenticare il fatto che Berlusconi è stato rovesciato dalla giunta del GdF e non dalla classe lavoratrice italiana, è stato costretto alle dimissioni per non essere riuscito a portare a fondo l'attacco contro i lavoratori e non per la sua quasi universale impopolarità.
Il sostituto di Berlusconi, Mario Monti, è un eurocrate, della specie dei non-eletti, nominato commissario europeo nella metà degli anni '90. Durante il suo mandato presso la Commissione Europea si è distinto col provvedimento anti-Microsoft e per aver bloccato la fusione tra la Honeywell e la General Electric. Monti è un economista accademico che dice di se stesso di essere “il più tedesco degli economisti italiani” ed è presidente della Bocconi, una università privata di MIlano per la formazione finanziaria. Oltre ai suoi incarichi accademici e di pensatore europeo, Monti è anche consulente internazionale per la Goldman Sachs e per la Coca-Cola, come pure presidente europeo per la Commissione Trilaterale e del direttivo del gruppo Bilderberg.
Con un curriculum vitae del genere, ci si può anche perdonare di pensare che “Super” Mario, insieme a Papademos ed al nuovo capo della BCE Mario Draghi, anche quest'ultimo ex-consulente di Goldman Sachs, diano carne ad una visione da teorici della cospirazione, quale quella della strisciante conquista del mondo da parte di un oscuro numero di “banchieri internazionali". In effetti il filo conduttore che lega tutte e tre le cose passa, più prosaicamente, per Francoforte (e Bruxelles) piuttosto che per New York. L'idea che il governo di Angela Merkel e la classe capitalista tedesca siano marionette che danzano la musica suonata da Goldman Sachs o dai Rockefeller vola di fronte alla storia, di fronte alla realtà geopolitica e di fronte al senso comune.
Ma intanto la transizione verso i nuovi regimi "tecnici" post-democratici in Grecia ed in Italia è lungi dall'essere finita. Dopo una breve tregua subito dopo l'ignominiosa uscita di scena di Berlusconi, lo spread tra titoli italiani e bund tedeschi è ritornato a toccare i 530 punti base. Ancora peggio, lo spread spagnolo ha superato (nella giornata di martedì 15 novembre) la soglia dei 450 nella zona della morte della clearing house, pur in vista delle elezioni generali previste per domenica 20 novembre. A meno che la situazione cambi o il GdF dia semaforo verde alla BCE per comprare più titoli spagnoli, anche la Spagna potrebbe finire nelle mani della Troika ben prima che si formi un nuovo governo.
E di fronte a tutto questo, qual è la risposta di quei grandi difensori della democrazia liberale quali il Times irlandese, la RTÉ, il Guardian o la BBC? Beh... Non tanto quanto quello che accade. C'è un gran parlare delle meraviglie delle amministrazioni “tecnocratiche” per il lavoro fatto in circostanze difficili, le affermazioni dei commentatori del tipo “le elezioni ora creerebbero semplicemente ulteriori ritardi ed incertezza sui mercati” vengono riportate senza commenti. E da nessuna parte, assolutamente da nessuna parte, sentirete una vocina che dica quanto tutto questo potrebbe non c'entrare nulla con la visione della democrazia liberale che ci inculcano nelle teste da più di mezzo secolo a questa parte. Come la storia del cane che non abbaia in Sherlock Holmes, così i cani dei nostri media intemerati hanno deglutito, svuotato le viscere sul pavimento e sono sgattaiolati a nascondersi in un angolo.
Allora cosa dobbiamo fare di fronte alla nascita di un governo fatto di diktat in Europa? Per prima cosa dobbiamo vedere qualcosa che forse non è immediatamente evidente. La forza motrice che sta dietro questa mossa del nucleo franco-tedesco e dietro la prassi di questi nuovi organismi burocratici ed autocratici è fatta di debolezza e non di potenza. E' la fragilità stessa del rapporto franco-tedesco e la mancanza di accordo su questioni fondamentali che sta in parte procurando questo ritiro in un unilateralismo forzato e precario.
In secondo luogo, nonostante le apparenze, il paese che potrebbe subire i contraccolpi maggiori da un collasso dell'euro o dall'uscita dall'euro dei suoi paesi in “deficit”, è proprio la Germania. L'economia tedesca è costruita su un surplus di esportazioni verso i paesi dell'Eurozona con un deficit dell'import/export. Se l'Eurozona si riduce ad una sorta di “Marca del Nord” composta da Germania, Austria, Olanda, Lussemburgo e Finlandia e, possibilmente, Francia (anche se improbabile, data la sua esposizione massiccia verso il debito italiano), il differenziale di scambio tra la zona "Settentrionale" e la UE del sud e periferia schizzerà così in alto da rendere invendibili le esportazioni tedesche nei loro principali mercati.
Questo non vuole dire che l'Irlanda ed altri paesi della "periferia" attualmente oggetto di dominio della Troika non soffirebbero di un maggiore ed ulteriore collasso economico da un'uscita disordinata dall'euro, ma siamo già di fronte alla lenta e progressiva devastazione della “morte da mille tagli" che ci aspetta nei decenni di austerità previsti dall'attuale piano del GdF per cercare di esternalizzare le contraddizioni del Nucleo, "facendo pagare ai PIIGS” le perdite di tutto il sistema bancario europeo.
Questo piano di austerità si è già spinto oltre il previsto programma di drastici tagli al settore pubblico e di privatizzazioni forzate, tanto da diventare un programma di tassazione diretta sui cittadini delle periferie. Non solo in Irlanda ma anche in Grecia e molto presto in Italia, verranno emesse nuove imposte sulla casa per cercare di farci pagare il crollo della bolla finanziaria globale europea e mondiale. Il nostro rifiuto di pagare, non solo come irlandesi, greci o italiani, ma come lavoratori europei che resistono alla dittatura del Frankfurt Group, è l'inizio di un progetto collettivo non solo per resistere ma per approfittare della debolezza del GdF con lo slogan, “le difficoltà della giunta di Francoforte sono l'opportunità dei lavoratori europei". E così forzare la riapertura delle questioni dei processi costitutivi europei sulla base di una vera democrazia, tanto economica quanto politica, dato che la inseparabilità dei due termini è stata definitivamente dimostrata dagli oscuri sviluppi di questi giorni.
WSM(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)
Note
1. Economist: The euro's Frankfurt Group
2. L'ultima affermazione necessita di una breve parentesi esplicativa. Banche ed altri investitori istituzionali che detengono titoli di debito pubblico spesso li usano sui mercati come una sorta di garanzia per pronti-contro-termine (dal riacquisto) per prestiti in contanti. Effettivamente vendono i titoli con un accordo sul loro riacquisto in futuro ad un prezzo più alto. Per evitare il rischio del compratore di tenersi obbligazioni (col valore incerto) qualora il venditore non potesse mettere a disposizione il contante nel tempo prestabilito, la grande maggioranza di questi contratti avviene tramite una camera di compensazione (clearing house) che sostanzialmente assicura i contanti del compratore e le spese del venditore (mutuatario) con una percentuale della transazione, denominata margine. Nel caso della maggiore camera di compensazione europea, la LCH Clearnet, questo margine è del 5%. Nell'ottobre 2010, la LCH ha preso la decisione (vedi LCH Clearnet Circular 2692, Management of Sovereign Credit Risk for RepoClear Service) che ogni 10 titoli annuali (i più popolari) che superassero del 4,50% espresso in 450 punti base oltre il “benchmark” a 10 anni - nel caso dell'Eurozona, i titoli tedeschi - si sarebbe innescata una crescita del margine dal 5% fino al 20%. Il che significa che le banche o altre agenzie di investimento con prestiti hanno bisogno di vendere assets per ottenere contanti per pagare i costi aggiuntivi. Se gli assets in loro possesso sono titoli della stessa origine, si innesca rapidamente un circolo vizioso quale quello che ha spinto sia l'Irlanda che il Portogallo in amministrazione controllata negli ultimi 12 mesi. I titoli italiani sono stati oggetto di questo aumento del margine (anche se solo del 5%) nella giornata di mercoledì 9 novembre.
Date: Thu, 2011-11-17 12:55
Questa volta non è stato necessario nè mandare carriarmati ed autoblindo nè spianare i fucili. La scorsa settimana, nel giro di una notte, greci ed italiani si sono ritrovati con i loro legittimi governi rimpiazzati da una nuova dittatura post-moderna con l'investitura di "tecnocrati" vicerè da parte della BCE. Nella nuova Eurozona, quindi, il vecchio dogma liberale per cui capitalismo moderno e democrazia sono strettamente connessi, si è tramutato in nient'altro che una fatua storiella.
Nel 1938, in una trasmissione radio diretta agli USA, Churchill avvertiva gli Americani che "si spengono le luci" in tutta Europa. Ora, da un punto di vista anarchico, i governi eletti nelle democrazie liberali del capitalismo non sono certo fari di luce, impediti come sono dalla possibilità di raddrizzare le ingiustizie economiche perchè devono rispettare l'inviolabile proprietà privata nelle mani dell'1% della popolazione e costretti all'impotenza di fronte alle forze dei mercati. Eppure, la loro messa fuori gioco, uno dopo l'altro, in tutta l' Eurozona, non è certo cosa da meritare appena un distratto commento. Anzi, è quasi sorprendente quanta poca protesta vi sia stata da parte dei media nominalmente liberali di fronte a questo impeto di nuove dittature in Europa.
Ricordiamoci che alla fine di ottobre, una riunione sulla crisi allargata ai leaders dell'Eurozona (EZ) terminò con l'annuncio di un "accordo definitivamente conclusivo e finale" per risolvere la crisi del debito greco. La settimana dopo, il primo ministro greco Papandreou, sentendo che sarebbe stato costretto alle dimissioni dai suoi rivali nel PASOK, con l'appoggio dell'opposizione, dichiarava che non avrebbe dato corso alle misure di austerità senza sottoporle ad un referendum del popolo greco. Il fatto che si trattasse solo di un cinico ed egoista stratagemma all'interno di una trattativa, senza alcuna intenzione reale di far svolgere veramente il referendum, non deve comunque farci sottovalutare il fiume di accuse al vetriolo che da tutte le parti si sono riversate contro l'idea che il popolo greco potesse essere consultato su questioni economiche decisive per il suo futuro.
Papandreou è stato infine costretto alle dimissioni da una campagna di pressioni sia all'interno della Grecia che da parte di esponenti del nucleo franco-tedesco, ora organizzatosi in "Groupe de Francfort" (GdF), favorevole ad un governo di "Unità Nazionale" guidato dal non-eletto Lucas Papademos, già presidente della banca centrale greca (durante il periodo in cui lavorava per Goldman Sachs per acconciare i conti dello stato), e più recentemente Vice-Presidente della BCE ed associato presso il Centro di Studi Finanziari dell'Università di Francoforte.
A proposito di Francoforte, è bene presentare i nostri nuovi governanti, il Frankfurt Group. E' stato costituito lo scorso 19 ottobre nel corso di una festa di pensionamento presso la Frankfurt Opera House in occasione del ritiro del presidente della BCE, Jean-Claude Trichet. Vi fanno parte la nuova presidente francese del FMI, Christine Lagarde (ex-ministro del governo Sarkozy), il nuovo presidente della BCE, l'italiano Mario Draghi, il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barosso, il presidente del Cosiglio Europeo Herman Van Rompuy, il commissario UE per gli Affari Economici e Monetari Olli "il colpitore" Rehn, e naturalmente la Merkel e Sarkozy (o anche "Merkozy" come sono chiamati nei circoli diplomatici e giornalistici). Effettivamente si tratta dei principali interessati all'interno della Troika che stanno gestendo la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo ed ora l'Italia, a cui si aggiungono i 2 leaders politici. Questa sorta di giunta del GdF non è facilmente descrivibile tanta è la sua informalità e la sua opacità. Nessun testo pubblicato, nessun fondamento legale, nessuna responsabilità verso terzi. Eppure è questa ora la struttura dominante di governo sia per l'Eurozona che, per estensione, per l'intera UE. Detto questo, bisogna anche rendersi conto che tale gruppo è ben lungi dall'avere posizioni unitarie sulle questioni più importanti - grande disaccordo e distanze esistono tra Sarko e la Merkel e la BCE1. Persino una tale struttura così ristretta ed autocratica si dimostra allo stato attuale non in grado di superare la paralisi nel cuore dell'Europa.
Nel frattempo il panico verso la situazione greca ha messo al tappeto anche l'Italia. Berlusconi era già incorso nelle ire della giunta del GdF per la sua incapacità di far passare presso i suoi imprevedibili alleati e in un parlamento in perenne caos un pacchetto di austerità fatto di brutali tagli. Era già stato convocato per un pre-vertice prima del summit sulla crisi del 25-27 e gli era stato detto che era meglio tornarsene a casa per preparare qualcosa di meglio da portare ad un secondo vertice. E' stato poi costretto a comparire davanti al summit come uno scolaretto negligente per dire che il cane gli aveva mangiato i compiti per casa. Il GdF era ormai giunto alla conclusione che il navigato crooner nonchè romeo ormai ottuagenario era troppo preso dai suoi affari di sesso e dagli scandali per corruzione per poter "prendere in mano" la situazione dell'Italia. Durante la settimana del referendum fasullo sulla crisi greca, i rendimenti sui BTP italiani a 10 anni erano saliti in modo allarmante. Alla fine della prima settimana di novembre, lo spread tra i titoli italiani decennali ed i bund tedeschi decennali era salito sopra la soglia dei 450 punti base provocando da parte delle clearing houses (stanze di compensazione, agenzie per il corretto funzionamento della Borsa, ndt) una chiamata ad aumentare il margine (deposito cauzionale, ndt)2.
Ancora una volta, le solite fonti dei media hanno iniziato a dire che l'unica soluzione al "problema Berlusconi" era la sua sostituzione con un un governo "tecnocratico". I rendimenti sui titoli italiani erano rimasti alti per tutta la settimana, tanto da far chiudere i rubinetti del credito per il mercato italiano e da spingere i capitalisti italiani ad unirsi alla protesta per chiedere la testa di Berlusconi. Si scopre ora che il nuovo presidente della BCE, l'taliano Mario Draghi, aveva deliberatamente strozzato il riacquisto di titoli italiani da parte della BCE rispetto ai livelli di acquisto degli ultimi mesi, per tenere i rendimenti abbastanza alti da costringere Berlusconi a lasciare. E' chiaramente visibile come alle spalle delle "forze del mercato" ci sia l'intervento del GdF. E così, infine, domenica 13 novembre, Berlusconi ha finalmente gettato la spugna, per la gioia della maggior parte degli italiani. Ma la folla in festa che ha seguito l'auto del premier per le strade di Roma lanciandogli addosso monetine ed il coro che intonava l'Alleluja dal Messia di Handel non devono farci dimenticare il fatto che Berlusconi è stato rovesciato dalla giunta del GdF e non dalla classe lavoratrice italiana, è stato costretto alle dimissioni per non essere riuscito a portare a fondo l'attacco contro i lavoratori e non per la sua quasi universale impopolarità.
Il sostituto di Berlusconi, Mario Monti, è un eurocrate, della specie dei non-eletti, nominato commissario europeo nella metà degli anni '90. Durante il suo mandato presso la Commissione Europea si è distinto col provvedimento anti-Microsoft e per aver bloccato la fusione tra la Honeywell e la General Electric. Monti è un economista accademico che dice di se stesso di essere “il più tedesco degli economisti italiani” ed è presidente della Bocconi, una università privata di MIlano per la formazione finanziaria. Oltre ai suoi incarichi accademici e di pensatore europeo, Monti è anche consulente internazionale per la Goldman Sachs e per la Coca-Cola, come pure presidente europeo per la Commissione Trilaterale e del direttivo del gruppo Bilderberg.
Con un curriculum vitae del genere, ci si può anche perdonare di pensare che “Super” Mario, insieme a Papademos ed al nuovo capo della BCE Mario Draghi, anche quest'ultimo ex-consulente di Goldman Sachs, diano carne ad una visione da teorici della cospirazione, quale quella della strisciante conquista del mondo da parte di un oscuro numero di “banchieri internazionali". In effetti il filo conduttore che lega tutte e tre le cose passa, più prosaicamente, per Francoforte (e Bruxelles) piuttosto che per New York. L'idea che il governo di Angela Merkel e la classe capitalista tedesca siano marionette che danzano la musica suonata da Goldman Sachs o dai Rockefeller vola di fronte alla storia, di fronte alla realtà geopolitica e di fronte al senso comune.
Ma intanto la transizione verso i nuovi regimi "tecnici" post-democratici in Grecia ed in Italia è lungi dall'essere finita. Dopo una breve tregua subito dopo l'ignominiosa uscita di scena di Berlusconi, lo spread tra titoli italiani e bund tedeschi è ritornato a toccare i 530 punti base. Ancora peggio, lo spread spagnolo ha superato (nella giornata di martedì 15 novembre) la soglia dei 450 nella zona della morte della clearing house, pur in vista delle elezioni generali previste per domenica 20 novembre. A meno che la situazione cambi o il GdF dia semaforo verde alla BCE per comprare più titoli spagnoli, anche la Spagna potrebbe finire nelle mani della Troika ben prima che si formi un nuovo governo.
E di fronte a tutto questo, qual è la risposta di quei grandi difensori della democrazia liberale quali il Times irlandese, la RTÉ, il Guardian o la BBC? Beh... Non tanto quanto quello che accade. C'è un gran parlare delle meraviglie delle amministrazioni “tecnocratiche” per il lavoro fatto in circostanze difficili, le affermazioni dei commentatori del tipo “le elezioni ora creerebbero semplicemente ulteriori ritardi ed incertezza sui mercati” vengono riportate senza commenti. E da nessuna parte, assolutamente da nessuna parte, sentirete una vocina che dica quanto tutto questo potrebbe non c'entrare nulla con la visione della democrazia liberale che ci inculcano nelle teste da più di mezzo secolo a questa parte. Come la storia del cane che non abbaia in Sherlock Holmes, così i cani dei nostri media intemerati hanno deglutito, svuotato le viscere sul pavimento e sono sgattaiolati a nascondersi in un angolo.
Allora cosa dobbiamo fare di fronte alla nascita di un governo fatto di diktat in Europa? Per prima cosa dobbiamo vedere qualcosa che forse non è immediatamente evidente. La forza motrice che sta dietro questa mossa del nucleo franco-tedesco e dietro la prassi di questi nuovi organismi burocratici ed autocratici è fatta di debolezza e non di potenza. E' la fragilità stessa del rapporto franco-tedesco e la mancanza di accordo su questioni fondamentali che sta in parte procurando questo ritiro in un unilateralismo forzato e precario.
In secondo luogo, nonostante le apparenze, il paese che potrebbe subire i contraccolpi maggiori da un collasso dell'euro o dall'uscita dall'euro dei suoi paesi in “deficit”, è proprio la Germania. L'economia tedesca è costruita su un surplus di esportazioni verso i paesi dell'Eurozona con un deficit dell'import/export. Se l'Eurozona si riduce ad una sorta di “Marca del Nord” composta da Germania, Austria, Olanda, Lussemburgo e Finlandia e, possibilmente, Francia (anche se improbabile, data la sua esposizione massiccia verso il debito italiano), il differenziale di scambio tra la zona "Settentrionale" e la UE del sud e periferia schizzerà così in alto da rendere invendibili le esportazioni tedesche nei loro principali mercati.
Questo non vuole dire che l'Irlanda ed altri paesi della "periferia" attualmente oggetto di dominio della Troika non soffirebbero di un maggiore ed ulteriore collasso economico da un'uscita disordinata dall'euro, ma siamo già di fronte alla lenta e progressiva devastazione della “morte da mille tagli" che ci aspetta nei decenni di austerità previsti dall'attuale piano del GdF per cercare di esternalizzare le contraddizioni del Nucleo, "facendo pagare ai PIIGS” le perdite di tutto il sistema bancario europeo.
Questo piano di austerità si è già spinto oltre il previsto programma di drastici tagli al settore pubblico e di privatizzazioni forzate, tanto da diventare un programma di tassazione diretta sui cittadini delle periferie. Non solo in Irlanda ma anche in Grecia e molto presto in Italia, verranno emesse nuove imposte sulla casa per cercare di farci pagare il crollo della bolla finanziaria globale europea e mondiale. Il nostro rifiuto di pagare, non solo come irlandesi, greci o italiani, ma come lavoratori europei che resistono alla dittatura del Frankfurt Group, è l'inizio di un progetto collettivo non solo per resistere ma per approfittare della debolezza del GdF con lo slogan, “le difficoltà della giunta di Francoforte sono l'opportunità dei lavoratori europei". E così forzare la riapertura delle questioni dei processi costitutivi europei sulla base di una vera democrazia, tanto economica quanto politica, dato che la inseparabilità dei due termini è stata definitivamente dimostrata dagli oscuri sviluppi di questi giorni.
WSM(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)
Note
1. Economist: The euro's Frankfurt Group
2. L'ultima affermazione necessita di una breve parentesi esplicativa. Banche ed altri investitori istituzionali che detengono titoli di debito pubblico spesso li usano sui mercati come una sorta di garanzia per pronti-contro-termine (dal riacquisto) per prestiti in contanti. Effettivamente vendono i titoli con un accordo sul loro riacquisto in futuro ad un prezzo più alto. Per evitare il rischio del compratore di tenersi obbligazioni (col valore incerto) qualora il venditore non potesse mettere a disposizione il contante nel tempo prestabilito, la grande maggioranza di questi contratti avviene tramite una camera di compensazione (clearing house) che sostanzialmente assicura i contanti del compratore e le spese del venditore (mutuatario) con una percentuale della transazione, denominata margine. Nel caso della maggiore camera di compensazione europea, la LCH Clearnet, questo margine è del 5%. Nell'ottobre 2010, la LCH ha preso la decisione (vedi LCH Clearnet Circular 2692, Management of Sovereign Credit Risk for RepoClear Service) che ogni 10 titoli annuali (i più popolari) che superassero del 4,50% espresso in 450 punti base oltre il “benchmark” a 10 anni - nel caso dell'Eurozona, i titoli tedeschi - si sarebbe innescata una crescita del margine dal 5% fino al 20%. Il che significa che le banche o altre agenzie di investimento con prestiti hanno bisogno di vendere assets per ottenere contanti per pagare i costi aggiuntivi. Se gli assets in loro possesso sono titoli della stessa origine, si innesca rapidamente un circolo vizioso quale quello che ha spinto sia l'Irlanda che il Portogallo in amministrazione controllata negli ultimi 12 mesi. I titoli italiani sono stati oggetto di questo aumento del margine (anche se solo del 5%) nella giornata di mercoledì 9 novembre.
INVITO A SOTTOSCRIVERE UN APPELLO PER "UNIFICARE" GLI SCIOPERI
INDETTI DA DUE DISTINTI RAGGRUPPAMENTI DI SINDACATI DI BASE
SE CONDIVIDI L'APPELLO LEGGIIBILE AL LINK SOTTOINDICATO
http://uniamocidalbasso.blogspot.com
MANDA UNA MAIL A
uniamocidalbasso@gmail.com
indicando COGNOME e NOME, CITTA', LUOGO DI LAVORO, SINDACATO DI
APPARTENENZA (SE ISCRITTO/A), INCARICO SINDACALE (RSU... o ORGANISMO
SINDACALE DI APPARTENENZA)
Se poi vuoi darci una mano diffondi l'appello ad altri/e che ritieni
possano condividerlo
UNIAMOCIDALBASSO
SE CONDIVIDI L'APPELLO LEGGIIBILE AL LINK SOTTOINDICATO
http://uniamocidalbasso.blogspot.com
MANDA UNA MAIL A
uniamocidalbasso@gmail.com
indicando COGNOME e NOME, CITTA', LUOGO DI LAVORO, SINDACATO DI
APPARTENENZA (SE ISCRITTO/A), INCARICO SINDACALE (RSU... o ORGANISMO
SINDACALE DI APPARTENENZA)
Se poi vuoi darci una mano diffondi l'appello ad altri/e che ritieni
possano condividerlo
UNIAMOCIDALBASSO
1986 - 2011: VENTICINQUE ANNI DI ATTIVITA' DELLA F.d.C.A.
Compie 25 anni la Federazione dei Comunisti Anarchici, la più longeva e recente esperienza organizzativa e politica dei comunisti anarchici in Italia.
Sebbene gli sforzi per la costituzione di un'organizzazione politica dei comunisti anarchici inizino già alla metà degli anni '70 dello scorso secolo -attraverso la prima sperimentazione nazionale rappresentata dall'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (ORA), successiva all'abbandono delle speranze di portare la Federazione Anarchica Italiana dell'epoca su posizioni nettamente di classe - quando erano diverse centinaia gli attivisti ed i militanti formatisi nella temperie di lotte di classe del decennio 1968-1977, soltanto nella prima metà degli anni '80 maturano le condizioni per l'aggregazione in un'organizzazione nazionale dei militanti comunisti anarchici più determinati e consapevoli della necessità di un simile approdo.
Se da un lato si tratta di una scelta che avviene quasi in controtendenza in una situazione calante del conflitto di classe e in una fase di profonda ristrutturazione capitalistica che va modificando tanto i rapporti di produzione quanto le relazioni sociali, dall'altro si tratta di una scelta resa necessaria proprio dall'esigenza di lettura della nuova fase capitalistica e della riorganizzazione delle forze di opposizione comuniste e libertarie per una ripresa delle lotte sociali.
Dopo un serrato percorso preliminare di confronto sul rispettivo bagaglio teorico, strategico e programmatico, giungono a convergenza due istanze complementari: quella dell'Unione dei Comunisti Anarchici della Toscana (UCAT), che abbina una rigorosa analisi materialistica delle condizioni materiali di sfruttamento e di dominio all'intervento dei comunisti anarchici radicato nel territorio e nelle organizzazioni di massa dei lavoratori; quello dell'ORA che abbina l'unità teorico-strategica dell'organizzazione al suo agire come soggetto politico autonomo e visibile nella società.
Nel 1985, si tiene a Cremona il Congresso di unificazione tra ORA ed UCAT. Sebbene l'unità teorico-strategica poggi su Tesi pre-esistenti, viene mantenuta la doppia sigla per un anno. La neonata organizzazione sceglie subito di confrontarsi con passaggi politici e culturali decisivi nella storia italiana, quali la battaglia sindacale contro la riduzione della scala mobile dei salari, la lotta ambientalista contro le centrali nucleari, la lotta anticlericale contro il nuovo Concordato e il sostegno politco-organizzativo dato al Meeting Anticlericale di Fano. Non esiterà ad entrare nell'agone politico, sostenendo sia il referendum per l'abrogazione della legge che tagliava la scala mobile, che quelle per la chiusura delle centrali nucleari. La sua presenza è circoscritta a Toscana, Puglia, Lombardia, Marche, veneto e Piemonte.
Nel 1986, si tiene sempre a Cremona il 2° Congresso in cui viene scelta la denominazione Federazione dei Comunisti Anarchici. Si tratta di un congresso di consolidamento organizzativo e di prime indicazioni tattiche sull'intervento sindacale, sull'intervento ambientalista e nel territorio, ma prende corpo anche l'orientamento analitico sull'evoluzione del capitalismo -già previsto in tendenza a-nazionale 10 anni prima- quale privo di una teoria di riferimento, essendosi già dimostrata insufficiente la scelta monetarista. Viene varata la rivista di politica e cultura Homo Sapiens, materiali della Sinistra Libertaria, rivolta all'area di movimenti ed organismi di base sul territorio di sensibilità antiautoritaria.
Nel 1992, si tiene a Livorno il 3° Congresso. Confluisce nella FdCA l'Organizzazione Comunista Libertaria di Livorno che porta con sé la rivista Comunismo Libertario. Si tratta di un momento espansivo della FdCA, che diviene presente anche nel Friuli.
La caduta dei regimi socialisti autoritari dell'est europeo implica un nuovo sguardo nell'analisi del capitalismo internazionale, di cui viene verificata la tendenza già ipotizzata nel 1976 ad una strategia di movimento dei flussi finanziari e delle merci senza orario e senza bandiera.
Il 3° Congresso sottopone anche a rigorosa verifica l'intervento sindacale tattico nella componente di classe interna alla CGIL e "apre" alle prime istanze di auto-organizzazione del sindacalismo di base (movimento dei comitati di base). Vengono messi in luce i primi interventi di modifica dei rapporti di produzione, compaiono i primi riferimenti analitici alla tendenza alla precarizzazione, alla flessibilità, allo sfruttamento dei migranti, alla necessità di aggregazioni autonome dei nuovi soggetti. Prende corpo una linea strategica sulla questione ambientale, che insiste sull'auto-organizzazione, alla luce della deriva politicista con la nascita di nuovi soggetti come i Verdi.
Nel 1994, si tiene a Firenze il 4° Congresso. Si tratta di un congresso di svolta, poiché si aggiorna lo sguardo sull'intervento sindacale e si sottopone ad analisi il mutamento istituzionale che avviene in Italia. I processi di "globalizzazione" sono già avvertiti e con essi quelli di deindustrializzazione e di declino del capitalismo di rischio. Ne discende una profonda critica alle scelte concertative del sindacato confederale italiano e quindi un rilancio della lotta salariale e per la democrazia sindacale, giocata sul ruolo degli attivisti anarchici nella CGIL e nei sindacati di base, ormai visti sempre più come spezzoni di classe organizzati. Netta è anche la scelta tattica di difesa delle parti della Costituzione nate dalla Resistenza di fronte agli attacchi ed ai tentativi di smantellamento sia formale che materiale dei diritti e delle libertà aggrediti dalla nuova destra che sorge in Italia nei primi anni '90. Viene rilanciato l'intervento nei movimenti sociali a cominciare dai migranti e dalle donne -entrambi spinti ai margini della società dal nuovo governo capitalistico della società- anche con una scelta di cooperazione con i centri sociali per gli aspetti che riguardano la formazione ed il mercato del lavoro.
Pochi mesi dopo, sempre nel 1994, si tiene a Firenze un congresso straordinario della FdCA in cui viene sconfitta una posizione tendente alla trasformazione della Federazione in un'organizzazione si sintesi, abolendo i principi di unità teorica e responsabilità collettiva, peculiari di un'organizzazione comunista anarchica. Il triste esito di questo congresso è l'abbandono di diversi militanti e la perdita della rivista Comunismo Libertario che segue la sorte della componente minoritaria. La maggioranza si trova di fronte una situazione in cui operare un forte ridimensionamento dei programmi della FdCA, come erano usciti dal 4° Congresso. Inizia una fase di ricostruzione e di lento ricambio generazionale.
Dopo tre anni di intenso dibattito pubblico e interno, si tiene a Firenze nel 1997, nei locali del Centro Popolare Autogestito, il 5° Congresso dedicato al Programma Minimo dei Comunisti Anarchici. Si tratta di uno sforzo analitico e propositivo che rilancia la FdCA come referente politico prima ed organizzativo poi per giovani e più maturi compagni che scoprono il comunismo anarchico e la FdCA quale casa ed approdo per una azione politica incisiva e concreta.
Le mozioni approvate dal 5° Congresso mettono in grado la FdCA di essere protagonista nelle lotte contro la cosiddetta "globalizzazione" e gli effetti che da essa derivano sulla condizione del lavoro e della società, contribuendo alla realizzazione delle Marce Europee contro la disoccupazione, la precarietà e l'emarginazione. Viene lanciato il giornale Alternativa Libertaria e successivamente nel 1998 iniziano le pubblicazioni della collana di opuscoli “Quaderni di Alternativa Libertaria”. Molto forte è l'iniziativa antimilitarista contro la guerra in Kossovo, altrettanto quella contro gli attacchi allo Statuto dei Lavoratori.
Nel 2001, la FdCA aderisce alla rete di Solidarietà Internazionale Libertaria, costituita da sindacati ed organizzazioni politiche "sorelle" in tutto il mondo, per progetti di sostegno alle lotte ed agli organismi popolari di base.
Nel 2004, si tiene a Cremona, nel Centro Sociale Kavarna, il 6° Congresso.
I sette anni precedenti hanno prodotto grandi cambiamenti e novità nella FdCA, che pur restando una piccola realtà nell'ambito della sinistra rivoluzionaria, registra una forte fase di espansione geografica e numerica. La nascita di un sito web della Federazione, il rilancio della propaganda, l'intensificarsi dell'azione politica sia nazionale che locale, portano all'organizzazione dei comunisti anarchici nuove e giovani forze. Si tratta di un congresso di Tattica Generale in cui come sempre le novità nell'analisi dell'evoluzione del capitalismo (strategia neuronale) s'intreccia con l'analisi e le proposte di intervento nei vari specifici, da quello sindacale a quello sociale.
A livello sindacale si consolida la nuova linea della costruzione del "sindacalismo conflittuale a prassi libertaria" quale metodo di azione e interazione degli attivisti sindacali anarchici e libertari; viene costruito un ambito di lavoro e di intervento dedicato alla "politiche ed etiche di genere". La FdCA si dota di una rivista di politica, cultura e arte denominata "Antipodi" e di un foglio telematico denominato "Alternativa Libertaria".
Nel 2005 la FdCA è tra le organizzazioni che lanciano il progetto politico comunista anarchico internazionale e multilingue del portale http://www.anarkismo.net/.
Nel 2006 si tiene sempre a Cremona, nel Centro Sociale Kavarna, il 7° Congresso.
E’ un congresso che si occupa di aggiornare le Tesi di Strategia di Fondo della FdCA, risalenti al lontano 1985. Viene rivisitata l’analisi del capitalismo internazionale e dell’imperialismo nell’era della globalizzazione, dagli USA alle UE, dalla ex-URSS alla Cina, alle potenze regionali emergenti. Vengono definite le tesi sullo Stato, sul suo ruolo storico, politico ed economico e sulla necessità di una sua liquidazione come obiettivo strategico della rivoluzione proletaria.
Nel 2007 la FdCA pubblica una nuova edizione della “Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici” del 1926, scritta dal gruppo Delo Truda e corredata di altri testi coevi e non, curato da Nestor McNab.
Nel 2009, viene pubblicato il libro “Comunisti Anarchici, una questione di classe. Teoria e strategia della FdCA”, contenente la ristampa di un precedente lavoro teorico di Saverio Craparo più alcune Tesi di Teoria e Strategia di Fondo della FdCA, in un assemblaggio curato da Nestor McNab e Donato Romito.
Nel 2010 si tiene a Fano, in occasione dell’inaugurazione del Centro di Documentazione “Franco Salomone”, l’8° Congresso.
Il congresso viene celebrato nella nuova sede nazionale della FdCA, ma anche luogo destinato alla raccolta della memoria storica e politica del compianto militante savonese della FdCA, scomparso nel 2008, a cui il centro è intitolato, nonché dei movimenti ed organizzazioni comuniste anarchiche e libertarie dagli anni ’60 ad oggi. Il Congresso aggiorna la Strategia Politica della FdCA rispetto all’analisi del capitalismo negli anni di una delle sue crisi più profonde; approva documenti sul ruolo dei comunisti anarchici rispetto alla crisi della democrazia in Italia, rispetto all’intervento sindacale nel mondo del lavoro nel bel mezzo della crisi economica, rispetto ai movimenti ed alle lotte sul territorio, nell’università e per i beni comuni. In seguito alle dimissioni dei compagni della Toscana, si decide di terminare la pubblicazione della rivista “Antipodi”.
A tutt'oggi la FdCA è presente in Emilia, Friuli, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Veneto, con presenze anche in Svizzera.
La cospicua mole di elaborazione teorica e politica prodotta in questi 25 anni è oggi disponibile sul sito multilingue della FdCA e contribuisce alla progettualità delle altre organizzazioni comuniste anarchiche nel mondo. La Federazione cura anche il sito www.archiviofrancosalomone.org
Nel 2010 e 2011 la FdCA partecipa alle due conferenze continentali delle organizzazioni europee aderenti al portale anarkismo.net allo scopo di trovare forme di coordinamento per un’azione comune, che vedono la partecipazione prima a Parigi nel 2010 e poi a Londra nel 2011 di ben sette organizzazioni. La conferenza di Londra costituisce il Coordinamento Europeo di Anarkismo (o EuroAnarkismo), parte del Coordinamento Internazionale di Anarkismo, che raggruppa circa 30 organizzazioni politiche di tutto il mondo.
Nel 2011 vengono pubblicati nella nuova collana del Centro di Documentazione Franco Salomone tre libri finalizzati ad arricchire la pubblicistica comunista anarchica ed a colmare vuoti nella storiografia del movimento anarchico italiano ed internazionale:
“Un rivoluzionario di ponente. Franco Salomone: le lotte di ieri l’alternativa di domani”, contenente la biografia e gli scritti di Salomone e delle organizzazioni in cui ha militato conservati presso il Centro a lui dedicato a Fano, in un assemblaggio curato da Roberto Meneghini e Donato Romito;
“Gli anarchici di Piazza Umberto. La sinistra libertaria a Bari negli anni ‘70”, una ricostruzione del giovane storico barese Luca Lapolla sulla base dei documenti conservati nell’archivio del Centro Salomone, delle fonti orali ed iconografiche;
“Manifesto del Comunismo libertario” del 1953, omaggio al suo autore Georges Fontenis, il militante comunista libertario francese scomparso nel 2010, corredato da testi sul movimento anarchico francese, curati da Nestor McNab.
Nel festeggiare i 25 anni di attività della FdCA, è doveroso ricordare e ringraziare tutti quei compagni e quelle compagne, quei gruppi e quelle organizzazioni che fin dalla fine degli anni '60 dello scorso secolo, in tutta Italia, hanno contributo a quel movimento ed a quel dibattito politico in cui la FdCA affonda le sue radici e di cui sta cercando di recuperare i contributi più significativi, per il loro valore storico e politico. Storie, elaborazioni, esperienze di lotta rappresentative degli sforzi di quella "meglio gioventù" che cercava di riportare il movimento anarchico organizzato al suo posto ed al suo ruolo propositivo e rivoluzionario nella società. Tra i lavoratori e le lavoratrici, nelle lotte, nella costruzione collettiva di un futuro di uguaglianza e libertà.
Oggi come ieri.
FdCA – Federazione dei Comunisti Anarchici
Cremona, 29-30 ottobre 2011
WWW.FdCA.IT
Sebbene gli sforzi per la costituzione di un'organizzazione politica dei comunisti anarchici inizino già alla metà degli anni '70 dello scorso secolo -attraverso la prima sperimentazione nazionale rappresentata dall'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (ORA), successiva all'abbandono delle speranze di portare la Federazione Anarchica Italiana dell'epoca su posizioni nettamente di classe - quando erano diverse centinaia gli attivisti ed i militanti formatisi nella temperie di lotte di classe del decennio 1968-1977, soltanto nella prima metà degli anni '80 maturano le condizioni per l'aggregazione in un'organizzazione nazionale dei militanti comunisti anarchici più determinati e consapevoli della necessità di un simile approdo.
Se da un lato si tratta di una scelta che avviene quasi in controtendenza in una situazione calante del conflitto di classe e in una fase di profonda ristrutturazione capitalistica che va modificando tanto i rapporti di produzione quanto le relazioni sociali, dall'altro si tratta di una scelta resa necessaria proprio dall'esigenza di lettura della nuova fase capitalistica e della riorganizzazione delle forze di opposizione comuniste e libertarie per una ripresa delle lotte sociali.
Dopo un serrato percorso preliminare di confronto sul rispettivo bagaglio teorico, strategico e programmatico, giungono a convergenza due istanze complementari: quella dell'Unione dei Comunisti Anarchici della Toscana (UCAT), che abbina una rigorosa analisi materialistica delle condizioni materiali di sfruttamento e di dominio all'intervento dei comunisti anarchici radicato nel territorio e nelle organizzazioni di massa dei lavoratori; quello dell'ORA che abbina l'unità teorico-strategica dell'organizzazione al suo agire come soggetto politico autonomo e visibile nella società.
Nel 1985, si tiene a Cremona il Congresso di unificazione tra ORA ed UCAT. Sebbene l'unità teorico-strategica poggi su Tesi pre-esistenti, viene mantenuta la doppia sigla per un anno. La neonata organizzazione sceglie subito di confrontarsi con passaggi politici e culturali decisivi nella storia italiana, quali la battaglia sindacale contro la riduzione della scala mobile dei salari, la lotta ambientalista contro le centrali nucleari, la lotta anticlericale contro il nuovo Concordato e il sostegno politco-organizzativo dato al Meeting Anticlericale di Fano. Non esiterà ad entrare nell'agone politico, sostenendo sia il referendum per l'abrogazione della legge che tagliava la scala mobile, che quelle per la chiusura delle centrali nucleari. La sua presenza è circoscritta a Toscana, Puglia, Lombardia, Marche, veneto e Piemonte.
Nel 1986, si tiene sempre a Cremona il 2° Congresso in cui viene scelta la denominazione Federazione dei Comunisti Anarchici. Si tratta di un congresso di consolidamento organizzativo e di prime indicazioni tattiche sull'intervento sindacale, sull'intervento ambientalista e nel territorio, ma prende corpo anche l'orientamento analitico sull'evoluzione del capitalismo -già previsto in tendenza a-nazionale 10 anni prima- quale privo di una teoria di riferimento, essendosi già dimostrata insufficiente la scelta monetarista. Viene varata la rivista di politica e cultura Homo Sapiens, materiali della Sinistra Libertaria, rivolta all'area di movimenti ed organismi di base sul territorio di sensibilità antiautoritaria.
Nel 1992, si tiene a Livorno il 3° Congresso. Confluisce nella FdCA l'Organizzazione Comunista Libertaria di Livorno che porta con sé la rivista Comunismo Libertario. Si tratta di un momento espansivo della FdCA, che diviene presente anche nel Friuli.
La caduta dei regimi socialisti autoritari dell'est europeo implica un nuovo sguardo nell'analisi del capitalismo internazionale, di cui viene verificata la tendenza già ipotizzata nel 1976 ad una strategia di movimento dei flussi finanziari e delle merci senza orario e senza bandiera.
Il 3° Congresso sottopone anche a rigorosa verifica l'intervento sindacale tattico nella componente di classe interna alla CGIL e "apre" alle prime istanze di auto-organizzazione del sindacalismo di base (movimento dei comitati di base). Vengono messi in luce i primi interventi di modifica dei rapporti di produzione, compaiono i primi riferimenti analitici alla tendenza alla precarizzazione, alla flessibilità, allo sfruttamento dei migranti, alla necessità di aggregazioni autonome dei nuovi soggetti. Prende corpo una linea strategica sulla questione ambientale, che insiste sull'auto-organizzazione, alla luce della deriva politicista con la nascita di nuovi soggetti come i Verdi.
Nel 1994, si tiene a Firenze il 4° Congresso. Si tratta di un congresso di svolta, poiché si aggiorna lo sguardo sull'intervento sindacale e si sottopone ad analisi il mutamento istituzionale che avviene in Italia. I processi di "globalizzazione" sono già avvertiti e con essi quelli di deindustrializzazione e di declino del capitalismo di rischio. Ne discende una profonda critica alle scelte concertative del sindacato confederale italiano e quindi un rilancio della lotta salariale e per la democrazia sindacale, giocata sul ruolo degli attivisti anarchici nella CGIL e nei sindacati di base, ormai visti sempre più come spezzoni di classe organizzati. Netta è anche la scelta tattica di difesa delle parti della Costituzione nate dalla Resistenza di fronte agli attacchi ed ai tentativi di smantellamento sia formale che materiale dei diritti e delle libertà aggrediti dalla nuova destra che sorge in Italia nei primi anni '90. Viene rilanciato l'intervento nei movimenti sociali a cominciare dai migranti e dalle donne -entrambi spinti ai margini della società dal nuovo governo capitalistico della società- anche con una scelta di cooperazione con i centri sociali per gli aspetti che riguardano la formazione ed il mercato del lavoro.
Pochi mesi dopo, sempre nel 1994, si tiene a Firenze un congresso straordinario della FdCA in cui viene sconfitta una posizione tendente alla trasformazione della Federazione in un'organizzazione si sintesi, abolendo i principi di unità teorica e responsabilità collettiva, peculiari di un'organizzazione comunista anarchica. Il triste esito di questo congresso è l'abbandono di diversi militanti e la perdita della rivista Comunismo Libertario che segue la sorte della componente minoritaria. La maggioranza si trova di fronte una situazione in cui operare un forte ridimensionamento dei programmi della FdCA, come erano usciti dal 4° Congresso. Inizia una fase di ricostruzione e di lento ricambio generazionale.
Dopo tre anni di intenso dibattito pubblico e interno, si tiene a Firenze nel 1997, nei locali del Centro Popolare Autogestito, il 5° Congresso dedicato al Programma Minimo dei Comunisti Anarchici. Si tratta di uno sforzo analitico e propositivo che rilancia la FdCA come referente politico prima ed organizzativo poi per giovani e più maturi compagni che scoprono il comunismo anarchico e la FdCA quale casa ed approdo per una azione politica incisiva e concreta.
Le mozioni approvate dal 5° Congresso mettono in grado la FdCA di essere protagonista nelle lotte contro la cosiddetta "globalizzazione" e gli effetti che da essa derivano sulla condizione del lavoro e della società, contribuendo alla realizzazione delle Marce Europee contro la disoccupazione, la precarietà e l'emarginazione. Viene lanciato il giornale Alternativa Libertaria e successivamente nel 1998 iniziano le pubblicazioni della collana di opuscoli “Quaderni di Alternativa Libertaria”. Molto forte è l'iniziativa antimilitarista contro la guerra in Kossovo, altrettanto quella contro gli attacchi allo Statuto dei Lavoratori.
Nel 2001, la FdCA aderisce alla rete di Solidarietà Internazionale Libertaria, costituita da sindacati ed organizzazioni politiche "sorelle" in tutto il mondo, per progetti di sostegno alle lotte ed agli organismi popolari di base.
Nel 2004, si tiene a Cremona, nel Centro Sociale Kavarna, il 6° Congresso.
I sette anni precedenti hanno prodotto grandi cambiamenti e novità nella FdCA, che pur restando una piccola realtà nell'ambito della sinistra rivoluzionaria, registra una forte fase di espansione geografica e numerica. La nascita di un sito web della Federazione, il rilancio della propaganda, l'intensificarsi dell'azione politica sia nazionale che locale, portano all'organizzazione dei comunisti anarchici nuove e giovani forze. Si tratta di un congresso di Tattica Generale in cui come sempre le novità nell'analisi dell'evoluzione del capitalismo (strategia neuronale) s'intreccia con l'analisi e le proposte di intervento nei vari specifici, da quello sindacale a quello sociale.
A livello sindacale si consolida la nuova linea della costruzione del "sindacalismo conflittuale a prassi libertaria" quale metodo di azione e interazione degli attivisti sindacali anarchici e libertari; viene costruito un ambito di lavoro e di intervento dedicato alla "politiche ed etiche di genere". La FdCA si dota di una rivista di politica, cultura e arte denominata "Antipodi" e di un foglio telematico denominato "Alternativa Libertaria".
Nel 2005 la FdCA è tra le organizzazioni che lanciano il progetto politico comunista anarchico internazionale e multilingue del portale http://www.anarkismo.net/.
Nel 2006 si tiene sempre a Cremona, nel Centro Sociale Kavarna, il 7° Congresso.
E’ un congresso che si occupa di aggiornare le Tesi di Strategia di Fondo della FdCA, risalenti al lontano 1985. Viene rivisitata l’analisi del capitalismo internazionale e dell’imperialismo nell’era della globalizzazione, dagli USA alle UE, dalla ex-URSS alla Cina, alle potenze regionali emergenti. Vengono definite le tesi sullo Stato, sul suo ruolo storico, politico ed economico e sulla necessità di una sua liquidazione come obiettivo strategico della rivoluzione proletaria.
Nel 2007 la FdCA pubblica una nuova edizione della “Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici” del 1926, scritta dal gruppo Delo Truda e corredata di altri testi coevi e non, curato da Nestor McNab.
Nel 2009, viene pubblicato il libro “Comunisti Anarchici, una questione di classe. Teoria e strategia della FdCA”, contenente la ristampa di un precedente lavoro teorico di Saverio Craparo più alcune Tesi di Teoria e Strategia di Fondo della FdCA, in un assemblaggio curato da Nestor McNab e Donato Romito.
Nel 2010 si tiene a Fano, in occasione dell’inaugurazione del Centro di Documentazione “Franco Salomone”, l’8° Congresso.
Il congresso viene celebrato nella nuova sede nazionale della FdCA, ma anche luogo destinato alla raccolta della memoria storica e politica del compianto militante savonese della FdCA, scomparso nel 2008, a cui il centro è intitolato, nonché dei movimenti ed organizzazioni comuniste anarchiche e libertarie dagli anni ’60 ad oggi. Il Congresso aggiorna la Strategia Politica della FdCA rispetto all’analisi del capitalismo negli anni di una delle sue crisi più profonde; approva documenti sul ruolo dei comunisti anarchici rispetto alla crisi della democrazia in Italia, rispetto all’intervento sindacale nel mondo del lavoro nel bel mezzo della crisi economica, rispetto ai movimenti ed alle lotte sul territorio, nell’università e per i beni comuni. In seguito alle dimissioni dei compagni della Toscana, si decide di terminare la pubblicazione della rivista “Antipodi”.
A tutt'oggi la FdCA è presente in Emilia, Friuli, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Veneto, con presenze anche in Svizzera.
La cospicua mole di elaborazione teorica e politica prodotta in questi 25 anni è oggi disponibile sul sito multilingue della FdCA e contribuisce alla progettualità delle altre organizzazioni comuniste anarchiche nel mondo. La Federazione cura anche il sito www.archiviofrancosalomone.org
Nel 2010 e 2011 la FdCA partecipa alle due conferenze continentali delle organizzazioni europee aderenti al portale anarkismo.net allo scopo di trovare forme di coordinamento per un’azione comune, che vedono la partecipazione prima a Parigi nel 2010 e poi a Londra nel 2011 di ben sette organizzazioni. La conferenza di Londra costituisce il Coordinamento Europeo di Anarkismo (o EuroAnarkismo), parte del Coordinamento Internazionale di Anarkismo, che raggruppa circa 30 organizzazioni politiche di tutto il mondo.
Nel 2011 vengono pubblicati nella nuova collana del Centro di Documentazione Franco Salomone tre libri finalizzati ad arricchire la pubblicistica comunista anarchica ed a colmare vuoti nella storiografia del movimento anarchico italiano ed internazionale:
“Un rivoluzionario di ponente. Franco Salomone: le lotte di ieri l’alternativa di domani”, contenente la biografia e gli scritti di Salomone e delle organizzazioni in cui ha militato conservati presso il Centro a lui dedicato a Fano, in un assemblaggio curato da Roberto Meneghini e Donato Romito;
“Gli anarchici di Piazza Umberto. La sinistra libertaria a Bari negli anni ‘70”, una ricostruzione del giovane storico barese Luca Lapolla sulla base dei documenti conservati nell’archivio del Centro Salomone, delle fonti orali ed iconografiche;
“Manifesto del Comunismo libertario” del 1953, omaggio al suo autore Georges Fontenis, il militante comunista libertario francese scomparso nel 2010, corredato da testi sul movimento anarchico francese, curati da Nestor McNab.
Nel festeggiare i 25 anni di attività della FdCA, è doveroso ricordare e ringraziare tutti quei compagni e quelle compagne, quei gruppi e quelle organizzazioni che fin dalla fine degli anni '60 dello scorso secolo, in tutta Italia, hanno contributo a quel movimento ed a quel dibattito politico in cui la FdCA affonda le sue radici e di cui sta cercando di recuperare i contributi più significativi, per il loro valore storico e politico. Storie, elaborazioni, esperienze di lotta rappresentative degli sforzi di quella "meglio gioventù" che cercava di riportare il movimento anarchico organizzato al suo posto ed al suo ruolo propositivo e rivoluzionario nella società. Tra i lavoratori e le lavoratrici, nelle lotte, nella costruzione collettiva di un futuro di uguaglianza e libertà.
Oggi come ieri.
FdCA – Federazione dei Comunisti Anarchici
Cremona, 29-30 ottobre 2011
WWW.FdCA.IT
Non saranno né 300 parlamentari, né 300 incappucciati a fermare l'indignazione
A Roma, come in altre centinaia di città nel mondo, cinquecentomila uomini e donne hanno manifestato contro i piani della BCE, del FMI e della WTO con i quali si vogliono imporre i costi della crisi alle famiglie, ai lavoratori e alle lavoratrici, ai giovani e alle donne. Una moltitudine che ha detto no alla perdita dei diritti, per riconquistare spazio politico e sociale necessario alla modifica del presente. Tante persone che hanno voluto affermare l'insopprimibile bisogno di libertà e giustizia sociale che sta caratterizzando questa fase di indignazione collettiva.
Una manifestazione imponente nata dalla necessità di costruire una alternativa reale fuori dalle illusioni parlamentari e che nei fatti trova un grosso ostacolo negli atti distruttivi di un centinaio di incappucciati. Avvallando il prevedibile comportamento delle forze di stato che, rispondendo al solito teorema italico provocazione-reazione-repressione per eventi ad alta critica sociale con cariche e pestaggi, hanno reso impraticabile la piazza di arrivo della manifestazione, producendo il risultato - non scontato - di spaccare il corteo: una parte, con la FIOM in testa, verso Piazza Vittorio, dove dopo un breve comizio di Landini si scioglie e un altro pezzo al Circo Massimo. Mentre in Piazza S. Giovanni restano intrappolate qualche migliaio di persone dove lo scontro divampa in seguito alle cariche della polizia e alle manovre da guerra con le camionette blindate.
Noi non siamo abituati a dividere il movimento tra buoni e cattivi, ma sappiamo che ieri è stato offerto su un piatto d'argento l'occasione d'oro di costruire sulle poche macerie degli scontri e degli atti degli incappucciati un montaggio mediatico che ha di fatto messo in ombra la partecipazione straordinaria alla manifestazione con l'obiettivo di svuotare di significato una manifestazione importante, nata dal lavoro politico e sociale di migliaia di persone che tutti i giorni costruiscono momenti di lotta e di discussione, che formano reti ed assemblee per aumentare la presa di coscienza di lavoratori, di precari e di giovani da troppo tempo succubi dell'ideologia del dominio e strozzati dallo smantellamento dei diritti del lavoro.
Allo stesso tempo riteniamo però che la risposta sproporzionatamente misurata e voluta delle forze dell'ordine abbia provocato, successivamente agli isolati episodi degli incappucciati, l'esplosione della rabbia sociale di migliaia di giovani. Una rabbia ed una tensione sociale che scalza e disorienta tutte le rappresentanze politiche, una rabbia reale che attraversa la nostra società, alimentata dal feroce sfruttamento dei contratti precari e dalla disoccupazione crescente, dall'esclusione sociale e dall'arroganza politica del potere. Una rabbia che esplode a flussi alternati ed inopportuni ma che è reale. Fare finta che non ci sia o addossargli solo il riducente appellativo di "black bloc" non farà mai crescere e maturare politicamente nessun movimento antagonista.
Ma ogni pratica autoreferenziale che intende sostituirsi alla classe e al protagonismo delle masse non ci interessa. Così come respingiamo ogni sorta di avanguardismo condito con il mito della violenza e dell'infallibilità dell'individuo per la cecità politica, la miseria culturale e profondamente maschilista che esprime, prodotto inconsapevole del potere e dell'atomizzazione sociale ed impossibilitato ad essere parte del movimento rivoluzionario.
Le lotte di ogni giorno, e le rivoluzioni, non si nutrono né della mistica della violenza né dell'estetica dello scontro, ma della costruzione condivisa e di massa, in cui ciascuno ha il diritto di partecipare in maniera trasparente e consapevole, senza arrogarsi il diritto di imporre agli altri soggetti le proprie modalità di lotta. Invece è proprio nella costruzione di modalità di condivisone e di elaborazione collettiva che questo movimento, che già da oggi ha cominciato a riannodare i fili nelle assemblee cittadine a Roma e nei territori di appartenenza, ha i suoi punti di forza.
Federazione dei Comunisti Anarchici http://www.fdca.it/
16 ottobre 2011
Una manifestazione imponente nata dalla necessità di costruire una alternativa reale fuori dalle illusioni parlamentari e che nei fatti trova un grosso ostacolo negli atti distruttivi di un centinaio di incappucciati. Avvallando il prevedibile comportamento delle forze di stato che, rispondendo al solito teorema italico provocazione-reazione-repressione per eventi ad alta critica sociale con cariche e pestaggi, hanno reso impraticabile la piazza di arrivo della manifestazione, producendo il risultato - non scontato - di spaccare il corteo: una parte, con la FIOM in testa, verso Piazza Vittorio, dove dopo un breve comizio di Landini si scioglie e un altro pezzo al Circo Massimo. Mentre in Piazza S. Giovanni restano intrappolate qualche migliaio di persone dove lo scontro divampa in seguito alle cariche della polizia e alle manovre da guerra con le camionette blindate.
Noi non siamo abituati a dividere il movimento tra buoni e cattivi, ma sappiamo che ieri è stato offerto su un piatto d'argento l'occasione d'oro di costruire sulle poche macerie degli scontri e degli atti degli incappucciati un montaggio mediatico che ha di fatto messo in ombra la partecipazione straordinaria alla manifestazione con l'obiettivo di svuotare di significato una manifestazione importante, nata dal lavoro politico e sociale di migliaia di persone che tutti i giorni costruiscono momenti di lotta e di discussione, che formano reti ed assemblee per aumentare la presa di coscienza di lavoratori, di precari e di giovani da troppo tempo succubi dell'ideologia del dominio e strozzati dallo smantellamento dei diritti del lavoro.
Allo stesso tempo riteniamo però che la risposta sproporzionatamente misurata e voluta delle forze dell'ordine abbia provocato, successivamente agli isolati episodi degli incappucciati, l'esplosione della rabbia sociale di migliaia di giovani. Una rabbia ed una tensione sociale che scalza e disorienta tutte le rappresentanze politiche, una rabbia reale che attraversa la nostra società, alimentata dal feroce sfruttamento dei contratti precari e dalla disoccupazione crescente, dall'esclusione sociale e dall'arroganza politica del potere. Una rabbia che esplode a flussi alternati ed inopportuni ma che è reale. Fare finta che non ci sia o addossargli solo il riducente appellativo di "black bloc" non farà mai crescere e maturare politicamente nessun movimento antagonista.
Ma ogni pratica autoreferenziale che intende sostituirsi alla classe e al protagonismo delle masse non ci interessa. Così come respingiamo ogni sorta di avanguardismo condito con il mito della violenza e dell'infallibilità dell'individuo per la cecità politica, la miseria culturale e profondamente maschilista che esprime, prodotto inconsapevole del potere e dell'atomizzazione sociale ed impossibilitato ad essere parte del movimento rivoluzionario.
Le lotte di ogni giorno, e le rivoluzioni, non si nutrono né della mistica della violenza né dell'estetica dello scontro, ma della costruzione condivisa e di massa, in cui ciascuno ha il diritto di partecipare in maniera trasparente e consapevole, senza arrogarsi il diritto di imporre agli altri soggetti le proprie modalità di lotta. Invece è proprio nella costruzione di modalità di condivisone e di elaborazione collettiva che questo movimento, che già da oggi ha cominciato a riannodare i fili nelle assemblee cittadine a Roma e nei territori di appartenenza, ha i suoi punti di forza.
Federazione dei Comunisti Anarchici http://www.fdca.it/
16 ottobre 2011
80° Consiglio dei Delegati della FdCA
La nuova sindrome cinese: liberismo ed autoritarismo in salsa nostrana
Documento del Consiglio dei Delegati FdCA
La crisi finanziaria e la crisi di accumulazione che il capitalismo atlantico si trova ad affrontare si può far risalire, seppur schematicamente ad una crisi di sovrapproduzione di merci e di capitale........................................ .
Documento del Consiglio dei Delegati FdCA
La crisi finanziaria e la crisi di accumulazione che il capitalismo atlantico si trova ad affrontare si può far risalire, seppur schematicamente ad una crisi di sovrapproduzione di merci e di capitale........................................ .
Leggi tutto il documento in ---> www.fdca.it
PALERMO VERSO IL 15 OTTOBRE ED OLTRE

PALERMO VERSO IL 15 OTTOBRE ED OLTRE - Noi la crisi dei padroni non la paghiamo
si è costituita a Palermo l'assemblea permanente fra diverse realtà cittadine, sindacali, politiche, di base, autorganizzate, antagoniste e di lotta , per costruire un luogo di confronto orizzontale e partecipativo, offrendo la propria disponibilità a mettersi in gioco dentro una nuova stagione di conflitto e trasformazione dal basso. In primo luogo le diverse soggettività hanno condiviso l'esigenza di costruire un processo indipendente, senza deleghe, condividendo la necessita di costruire l'alternativa alla crisi del sistema capitalistico all'interno del conflitto. Il processo di aggregazione dal basso deve essere plurale e aperto, che cresca come luogo di confronto ed iniziativa, dentro il quale le soggettività consolidate si rendono disponibili a fare un passo in avanti ricercando nuovi spazi di protagonismo sociale e politico, di sperimentazione di linguaggi e di pratiche. Un processo che guarda lontano e si alimenta da subito delle tante iniziative di contestazione alla nuova manovra dettata dalla BCE che il governo Berlusconi ci sta imponendo con la complicità delle false opposizioni politiche e sindacali, che si nutre delle tante lotte sociali, da chi nei territori si batte per la difesa dei beni comuni, per l’accesso ai saperi, per i diritti dei lavoratori e lavoratrici, contro la precarietà e contro il razzismo e le discriminazioni.
In questo quadro la data della mobilitazione internazionale del 15 ottobre prossimo convocata dai movimenti europei e del mediterraneo è una occasione fondamentale che non potrà essere rinchiusa nei recinti angusti di nessuna rappresentanza.
Certamente la giornata importante del 15 ottobre è soltanto una tappa necessaria per la costruzione di un vasto movimento popolare d'opposizione che si ponga in modo inequivocabile in antitesi alle scelte economiche attuali con il chiaro obiettivo che “NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO, LA CRISI VE LA PAGATE VOI”. Questo vuol dire smascherare e agire contro i responsabili della crisi e i loro simboli, riconquistando la sovranità ed esercitando nuove forme di riappropriazione di reddito e di vita.
L’assemblea esprime massima solidarietà e fa propria:
• la lotta dei precari della scuola che si stanno mobilitando contro la politica folle dei tagli operati dalla Gelmini
• la lotta degli operai del Cantiere, della Fiat e delle altre aziende che la politica speculativa ha destinato alla chiusura
• la lotta degli addetti alla sanità “dismessi”, la lotta degli autoferrotranvieri per il diritto al salario
• la lotta per il diritto alla casa e per la difesa degli spazi sociali autogestiti.
L'assemblea decide di:
• dare vita a partire dalla giornata di Giovedì 22 a piazza Massimo a Palermo a presidi e manifestazioni contro la manovra finanziaria e per riprendere e rilanciare la piazza dell’indignazione e dell'incazzamento sociale, aderendo e facendo proprio il presidio/microfono aperto “democrazia di piazza” che si svolgera’ al teatro Massimo/Piazza Verdi Giovedì 22 alle 18;
• aderire e fare propria la manifestazione di sabato 24 settembre per gli spazi sociali e contro lo sgombero dello Studentato Occupato Anomalia;
• una settimana di lotta da costruire nei territori, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università a partire dalla composizione delle lotte esistenti, dal 7 fino al 15 ottobre, con al centro appunto la parola d’ordine: IL DEBITO NON E’ NOSTRO – NON LO PAGHIAMO!
• costruire e Amplificare la mobilitazione del 15 ottobre, a partire dalle parole d’ordine e dai contenuti proposti dalle reti europee, che hanno promosso la mobilitazione Internazionale, definendo le modalità e le pratiche di una nostra partecipazione collettiva.
L’assemblea esprime inoltre la sua incondizionata solidarietà agli arrestati in VAL di SUSA e a Napoli
La sezione su Facebook
http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=100002869528813&sk=wall
WWW.FdCA.it
Iscriviti a:
Post (Atom)