Anarchici contro il muro

Palestina-Israele, la lotta unitaria continua nelle regioni di Bil'in e di Betlemme by Ilan S.

- Anarchici Contro Il Muro Venerdì, Nov 30 2007, 3:46pmaddress:
Tel Avivmashriq / arabia / iraq / community struggles / news report Izbet-Al-Tabib, Um Salmuna, Bil'in, strada dell'apartheid 443

Continua la lotta unitaria nelle regioni di Bil'in e di Betlemme

L'azione diretta di mercoledì a Izbet-Al-Tabib è una delle poche azioni dirette unitarie contro il muro a cui i villaggi palestinesi invitano a partecipare gli Anarchci Contro Il Muro.
"L'azione di questa mattina a Izbet Al Tabib è iniziata bene con un apprezzabile numero di attivisti internazionali, Palestinesi ed Israeliani. L'esercito era dispiegato in forze ed ha attaccato la gente dopo pochi minuti. I blocchi sulla stada sono stati smantellati solo parzialmente.Due israeliani sono stati fermati e portati nella stazione di polizia di Kdumim. Sono stati poi rilasciati dopo alcune ore, l'esercito ha invaso il villaggio ed ha rinforzato i blocchi sulla strada.

".------------------ Venerdì 30 novembre, la prima azione diretta a cui gli Anarchci Contro Il Muro hanno partecipato è stata in Um Salmuna - nella regione di Betlemme.Nella tarda mattinata, la gente ha marciato dal villaggio verso la strada del muro della separazione. Proprio quando si era sul ciglio della strada che bisognava attraversare, un manipolo di soldati israeliani si è messo ad accompagnare la manifestazione. Le loro provocazioni non sono riuscite a far sbandare il corteo. Vicino alla strada del muro della separazione, gli abitanti del villaggio hanno detto la loro preghiera di mezzogiorno e poi la manifestazione è tornata al villaggio.

.-------------------Dal momemto che il grosso delle forze di stato era stato mandato a reprimere la manifestazione regionale che si teneva sulla vicina statale dell'apatheid n°443, a Bil'in c'è stata una manifestazione più tranquilla.A mezzogiorno, abbiamo marciato dal centro del villaggio verso la strada del muro della separazione. Quando siamo giunti ai piedi della collina dove passa il muro che ha rubato le terre dei palestinesi sul lato ovest, abbiamo trovato una sorpresa. C'era solo un piccolo contingente di soldati e di polizia di confine. Hanno dichiarato la strada zona militare chiusa e minacciato i manifestanti come al solito. Tuttavia, appena la gente si è mossa lentamente al di là del limite proibito, i soldati si sono astenuti dal rispondere con il solito attacco brutale. Ci hanno minacciato e bloccato la nostra avanzata dopo 30 metri, ma senza ricorrere a violenze fisiche. Dopo aver ascoltato per un pezzo le loro minacce di procedere ad arresti, ci siamo ritirati molto lentamente dalla zona violata e la manifestazione è terminata.Per un po' abbiamo assistito dalla collina agli scontri tra i lanciatori di pietre ed i soldati.

-----------------La manifestazione regionale contro la strada dell'apartheid 443 che i Palestinesi della regione non possono usare, è iniziata a mezzogiorno. La manifestazione in marcia verso la strada 443 è stata intercettata nel punto in cui le forze israeliane avevano cercato di bloccarci, senza riuscirci, lo scorso venerdì. Le testimonianze parlano di uso di manganelli da parte delle forze di stato e di arresti: un palestinese ed un israeliano che aveva cercato di proteggerlo dall'aggressione brutale.
Per tutta risposta al brutale attacco, i giovani che si erano sparpagliati sulla collina vicina hanno iniziato un fitto lancio di pietre sulle forze di stato e sul traffico lungo la strada della'partheid.I manifestanri hanno fatto pressione per ottenere il rilascio dei 2 arrestati, cosa avvenuta solo un'ora dopo la fine della manifestazione.

Ilan Shalif (Anarchici Contro Il Muro)
http://awalls.org/

(traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali) http://www.fdca.it/
http://www.fdca.it/wall/media.htm

In memoria di Benedetto Petrone, barbaramente ucciso dai fascisti a Bari il 28 novembre di 30 anni fa






Anche il silenzio è un modo di uccidere

Il 28 novembre del 1977 a Bari veniva assassinato da una squadraccia fascista il compagno Benedetto Petrone. La città reagì con un movimento di lotta contro il fascismo e il suo tessuto organizzativo, e ripropose a livello di massa i valori più genuini della Resistenza, delle lotte antifasciste vissute come lotte anticapitaliste, contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per una società senza classi.
Tale movimento ritrovò nella mobilitazione di massa e nell'azione diretta la giusta risposta militante al barbaro assassinio del compagno Benedetto, avvenuto a distanza di soli due mesi dall'assassinio di Walter Rossi a Roma.
Tale risposta di massa ebbe l'immenso valore di sintetizzare delle indicazioni politiche chiare:
la necessità di battere il fascismo con la mobilitazione di massa;
la necessità di non delegare allo Stato e ai suoi organi rappresentativi tale compito; non solo perché fascismo e Stato vivevano come sempre a braccetto; non solo perché i fascisti, anche a Bari, avevano avuto tutte le coperture possibili e immaginabili, ma soprattutto perché gli operai, gli studenti, le donne, i disoccupati non potevano, ieri come oggi, scindere le lotte contro il fascismo da quelle contro la disoccupazione, contro l'emarginazione, contro il lavoro nero, contro l'aumento dei prezzi, contro la repressione, contro le leggi liberticide.
Ridicoli furono, ieri come accade anche oggi, i tentativi di criminalizzare tale movimento attraverso l'uso terroristico della stampa.
L'azione del movimento di lotta, che la stampa ed i partiti istituzionali tentarono di presentare come azioni di teppisti, si diresse contro il tessuto organizzativo dei fascisti, colpendo le loro sedi organizzative; i loro posti di ritrovo, negozi gestiti da noti squadristi e criminali..
Anche in quegli anni era chiaro che non si elimina il fascismo soltanto colpendone il tessuto organizzativo, ma anche organizzandosi all'interno dei quartieri, con reti di mobilitazione antifascista permanenti, che svolgono attività di recupero della memoria, di controinformazione, di vigilanza, togliendo ogni agibilità politica ai fascisti, impedendo che possano utilizzare piazze e luoghi cittadini, sia per radunarsi che per organizzarsi.
Solo in questo modo Benedetto non è morto invano, e il suo ricordo rimarrà sempre vivo, non solo tra i compagni che gli sono stati vicini nelle lotte, ma tra tutti gli sfruttati che lottano e lotteranno per la liberazione dallo sfruttamento e dall'oppressione.
Ancora oggi la mobilitazione è importante per giungere all'obiettivo da tutti auspicato, di chiudere i covi fascisti, di impedire che nelle scuole e nei quartieri possano continuare a scorazzare seminando il panico tra i giovani e gli immigrati, di contribuire alla crescita della coscienza politica e della partecipazione diretta di tutti e tutte.






L'antifascismo non va delegato, perché la sua forza risiede nella determinazione e nella capacità del movimento di immigrati, studenti, operai, donne, disoccupati, di costruire e di portare avanti un processo di trasformazione radicale della società, un processo di costruzione di una società senza classi, autogestita ed egualitaria.






A distanza di 30 anni, oggi come allora, resta ferma la scelta dei comunisti anarchici di favorire nel territorio la nascita e lo sviluppo di organismi di base antifascisti in grado di mobilitarsi nella lotta contro il razzismo, contro il sessismo, contro il patriarcato, contro lo sciovinismo, contro la legge della sopraffazione che arma il neofascismo al servizio dei padroni di sempre.







Federazione dei Comunisti Anarchici http://www.fdca.it/
28 novembre 2007

UN NUOVO MOSTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA


1. Enel: Conti, considerevole ritorno da ingresso mercato elettrico russo

Russia nuova e attrattiva frontiera per Enel. Il numero uno di Enel, Fulvio Conti, ha spiegato nel corso di un'intervista al Financial Times le motivazioni della voglia di Enel di crescere sul mercato russo. In attesa del prossimo lancio dell'Opa per la conquista del controllo della genco OGK-5, Conti ha definito il mercato elettrico russo "una nuova frontiera" molto attrattiva. "L'acquisto di OGK-5 - ha dichiarato l'a.d. di Enel - produrrà un considerevole ritorno". "Siamo stati i primi (ad entrare in Russia, ndr) e abbiamo avuto una grande attenzione da Putin in persona", ha aggiunto Conti rimarcando come i russi chiedono reciprocità negli investimenti energetici in Europa.

2. Enel: Conti, Gazprom potrebbe entrare con quote in centrali italiane

Nell'Italia che si scopre a corto di gas e con scorte di metano ai minimi livelli con l'inverno alle porte Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, ha detto che il colosso Gazprom potrebbe entrare con proprie partecipazioni in alcune centrali italiane della società elettrica italiana. Conti, nella conferenza stampa al Congresso mondiale dell'energia, ha spiegato che si tratta di una possibilità data al gruppo russo. "Il nostro accordo con Gazprom - ha ricordato Conti -prevede una reciprocità di interessi. Stanno valutando le possibili soluzioni".

3. Trattative serrate tra Gazprom ed Enel sull'elettricità

L'architettura della futura partnership era già tutta nell'accordo, non troppo pubblicizzato per la verità, del marzo 2006 quando l'ad di Enel, Fulvio Conti, e il ceo di Gazprom, Alexey Miller, si erano incontrati per studiare possibili cooperazioni nel mercato italiano, russo e di paesi terzi. Più di un anno e mezzo dopo, quell'accordo sta prendendo forma e adesso si preme sull'acceleratore. I negoziati per l'ingresso di Gazprom come azionista di minoranza in una newco cui faranno capo alcune delle centrali a gas di Enel sono infatti più avanzati di quanto non sia trapelato finora, da quando cioè lo stesso Conti è venuto allo scoperto.
Articoli tratti da : Redazione Finanzaonline (redazione@finanzaonline.com)


Segue documento FdCA del gennaio 2006
“Gas Gas Gas, Tovarishch Gazprom! “

Nella tragica e sanguinaria cornice delle guerre guerreggiate e di quelle geopolitiche per il controllo strategico delle materie prime che dal Medio Oriente all’area turanica vede confrontarsi gli interessi imperialistici per il controllo dei giacimenti energetici e dei vari corridoi che portano petrolio, gas, acqua verso i 4 punti cardinali, alza la posta la Russia di Putin e di Gazprom, proprio alla vigilia di assumere il primo la presidenza del G8 e il secondo di collocare sul mercato il 49% delle sue succulente azioni. Da quelle parti, si sa, le oligarchie governative e non, islamiche e non, le élite capitalistiche, le borghesie nazionali, non possono più rinunciare al binomio esercito/oleo-gasdotto: senza il primo chi protegge il corridoio? E senza diritti sul secondo come ritagliarsi un ruolo, anche piccolo, nello scontro imperialistico?
Ma Gazprom non fa sconti alle ex-repubbliche sovietiche che guardano ad ovest, Putin si riprende basi militari e corridoi ad est e intorno al Mar Caspio e resuscita la barbarie nazional-protezionista della golden share in Gazprom!
E che intimidazione per l’Unione Europea, imperialisticamente una nullità in campo energetico!
Gazprom sa che il gas tende ad essere sempre più presente nella produzione di energia elettrica; sa che il suo prezzo legato al petrolio fa volare le tariffe, fa muovere le Borse, fa persino investire la FIAT nei motori a metano, e in molti paesi -come l’Italia- spinge la domanda… di gas oltre il PIL! Già l’Italia.
L’Authority per l’energia in Italia ha le idee molto chiare per il futuro: dopo la liberalizzazione del mercato del gas nel 2003, sostiene che occorra ancora superare forme monopolistiche od oligopolistiche nell’approvvigionamento e stoccaggio del gas sia a monte che a valle del sistema e "sbottigliare" i gasdotti Russia/Austria e Algeria/Tunisia che arrivano in Italia controllati da SNAM Rete Gas. E quindi è necessario costruire nuovi gasdotti, nuovi gassificatori (dove lavorare il gas naturale liquefatto) per aumentare l’offerta ed abbassare i prezzi (sic!). E lanciare l’Italia come leader nell’esportazione di gas in Europa. Si stima che entro il 2010 il 60% della produzione di energia sarà alimentato dal gas in centrali a ciclo combinato di nuova generazione. Ma l’Italia da dove lo prenderà il gas per esportarlo persino verso il Nord Europa (puntando addirittura sull’esaurimento delle riserve di gas nel Mar del Nord)? Non mancano certo progetti di gasdotti e rigassificatori che serviranno per importare anche dal Mar Caspio (progetto Edison di un gasdotto tra Italia, Grecia, Turchia, Azerbaijan), dal Qatar (terminale off-shore a Rovigo), dall’Algeria alla Sardegna a Livorno.
Non mancano i soliti sciacalli che, approfittando del clima di supposta emergenza, rilanciano l’energia nucleare come possibile fonte energetica alternativa immediata, proponendo la costruzione di nuove centrali senza neanche preoccuparsi di essere credibili. Intanto, però, nel mezzo dell’allarme black-out (pardon termosifoni spenti) qualcuno inserisce, nelle righe del solito provvedimento che parla di tutt’altro, qualcosa che assomiglia molto a un sito di stoccaggio delle scorie nucleari in un’area priva dei più elementari requisiti di sicurezza. E dove? Proprio in Piemonte, dove sarà se non altro un utile diversivo alla serrata battaglia antiTAV che ha tutte le caratteristiche di una lotta di massa.
E mentre l’italico capitalismo dell’energia punta a progetti faraonici ed ottiene risultati lusinghieri di fatturato ed in Borsa, dai giganti come l’ENI alle ex-municipalizzate, mentre la chiusura o apertura dei rubinetti di Gazprom fa tremare mezza Europa, aumentano invece i prezzi e le tariffe per i lavoratori italiani ed europei, si progettano devastazioni ambientali del territorio per entrare in quella rete neuronale di corridoi e snodi che vede fluire profitti, plusvalore e finanziamenti pubblici a soggetti privati senza apportare alcuna ricchezza ed alcun beneficio ai territori che attraversa, se non militarizzazione ed impoverimento. Come per l’acqua, la privatizzazione e la valorizzazione capitalistica del gas costituisce un ulteriore furto di un bene pubblico, un’ulteriore appropriazione di una risorsa naturale per il profitto di pochi e lo sfruttamento di molti.
E’ il capitalismo, bellezza! E la lotta per riprenderci l’acqua, il gas, e tutte le materie prime non potrà che essere lotta anticapitalistica, condotta a viso aperto e in massa e non delegandola a istituzioni e autorità locali. E non potrà prescindere dalla consapevolezza che l’ambiente e la salute non sono monetizzabili né merce da continuare a far rapinare al capitalismo.

Federazione dei Comunisti Anarchici
gennaio 2006 http://www.fdca.it/ “ Analisi”

25 Novembre giornata di lotta contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre, manifesteremo la nostra solidarietà , con un volantinaggio per le vie della città

COME TU MI VUOI?

C’è una guerra quotidiana che si consuma , da sempre, in tutto il mondo. È la guerra scatenata contro le donne di ogni età e di ogni latitudine, una guerra fatta di soprusi, di violenze fisiche e psicologiche, di ingiustizia ed esclusione.
In questi giorni isterici in cui il sistema politico e i poteri forti cercano di terrorizzare la società puntando il dito sugli immigrati accusandoli di essere la causa di tutti i problemi del paese, noi anarchici vogliamo invitare a un’ulteriore riflessione, prendendo spunto da alcuni dati.
Da una ricerca Eures emerge che un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche: il 70% delle vittime sono donne e in otto casi su dieci l’autore è un uomo.
L’Istat, in una recente indagine, rileva che quasi 7 milioni di donne tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di violenza fisica o sessuale nella loro vita, mentre altri 7 milioni hanno subito una violenza psicologica: nella maggior parte dei casi l’autore è il partner o l’ex, come nel 69,7% degli stupri.
Il 95% delle violenze non viene denunciato. Negli ultimi sei mesi sono state uccise 57 donne.
Il posto più pericoloso per una donna è la propria casa, e i soggetti più pericolosi per la sua incolumità sono quelli con cui vive giorno per giorno: padri, mariti, amanti, fratelli.
Ciò significa che non è cambiato molto nelle relazioni tra i sessi, e che la donna continua a essere considerata uno strumento per la soddisfazione delle esigenze di dominio da parte dei maschi. Questa logica maschilista, figlia di un patriarcato che è ancora duro a morire, è all’origine della grave subalternità in cui le donne sono costrette a vivere in tutti i settori della vita pubblica e privata. Nella società dominata dagli uomini, il corpo delle donne viene costantemente mercificato e sfruttato e l’unico modello di donna che si vuole imporre attraverso i mezzi di comunicazione è quello della svampita tutta curve e niente cervello. In questo occidente “democratico” e “progressista” il dominio maschilista sul corpo delle donne si misura anche nella pretesa da parte delle gerarchie ecclesiastiche di controllare l’autodeterminazione di ogni donna attaccando il diritto alla maternità e a una sessualità matura e consapevole. Così come la tradizione e il fondamentalismo mussulmano costringono le donne alla mortificazione della loro identità e del loro corpo, allo stesso modo la tradizione e la Chiesa cattolica vorrebbero che le donne fossero delle macchine da procreazione senza libertà e senza diritti.
Nei luoghi di lavoro, la disparità tra donne e uomini è del tutto evidente, sia nelle differenze di retribuzione, sia nella disuguaglianza per l’accesso alle risorse. In questo senso, la differenza di genere si affianca a una differenza di classe che ci dà la misura di quanto grave sia la condizione delle donne nella vita economica e sociale.
Una società in cui la donna viene trattata e usata come un oggetto è una società profondamente ingiusta e schiava dei suoi pregiudizi.
La strada per l’emancipazione delle donne è ancora lunga, ma proprio le donne hanno dimostrato di poter conquistare diritti e libertà attraverso la lotta e l’azione diretta contro il dominio patriarcale.
La battaglia contro la violenza sulle donne e, più in generale, per un miglioramento della condizione femminile non può essere lasciata allo sforzo delle sole donne.
È necessario che tutti, al di là di ogni differenza di genere, si impegnino in un fronte comune per distruggere l’autoritarismo, l’intrinseca violenza della cultura patriarcale e le differenze di classe.
Perché nessuna società potrà dirsi davvero liberata fino a quando ogni donna e ogni uomo non saranno pienamente in grado di vivere il proprio destino senza paura e senza ricatti .

Nucleo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione “Delo Truda” Palermo



Manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne


Roma, 24 NOVEMBRE 2007

Manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne

Aderiamo alla manifestazione del 24 novembre contro la violenza sulle donne perché non è solo una cosa che riguarda le donne, anche se da essa sono le donne, di ogni orientamento sessuale, che devono difendersi.
Se ne devono difendere quando la subiscono, se ne devono difendere quando essa viene usata, anche strumentalmente, contro di loro, per restringere ancora di più gli spazi di libertà che ciascuna di noi si è conquistata.
È vero che la violenza contro le donne è trasversale alle classi, ma perché in essa si ripete un meccanismo di sopraffazione e di dominio che dello sfruttamento fa pietra angolare.
Vittime sbattute in prima pagina, usate vergognosamente per nascondere l’inesistenza di politiche sociali di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l’abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, le tensioni causate dal sempre maggiore impoverimento, il cedere di tanta società civile al caldo richiamo della tradizione. E vittime di serie B perché uccise all’interno di famiglie normali, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio o da una cultura straniera, facile da colpevolizzare. Perché all’interno della tanto celebrata famiglia si sfoga sui soggetti più deboli la paura di rapporti solidali, paritari, liberamente scelti e gestiti che minerebbero la società, questa società patriarcale, gerarchica e autoritaria che conosciamo e subiamo.
E poi vittime innominate dello sfruttamento, vendute e comprate per pochi spiccioli, carne da macello o da lavoro, schiave senza voce e senza diritti, chiuse in capannoni o esposte sulle tangenziali. Ogni violenza contro di loro aumenta la violenza contro tutte.
Ma la violenza contro le donne non può essere sconfitta da nuove leggi, sempre più inefficaci, né da ronde notturne né da più pattuglie per le strade. Può essere sconfitta solo dalla libertà, da una sempre maggiore autonomia personale, che passa per le battaglie per il reddito, per la parità salariale e per i servizi sociali, dalla solidarietà tra donne e dal percorso di crescita, individuale e collettivo, di donne e uomini capaci di andare oltre i modelli culturali imposti dalla sacra triade chiesa (che propone) mercato (che dispone), stato (che impone).

Federazione dei Comunisti Anarchici
22 novembre 2007

Per ulteriori informazioni sulla manifestazione: http://www.controviolenzadonne.org/
Genova 2001 - Genova 2007Per non dimenticare che non ci sono poteri buoni

La Federazione dei Comunisti Anarchici aderisce alla manifestazione genovese del 17 novembre per denunciare e contrastare con la mobilitazione, le ultime decisioni reazionarie del governo italiano riguardo la commissione parlamentare d'inchiesta sui tragici fatti di Genova 2001.
"Devastazione e saccheggio", unitamente al "concorso psicologico" e alla "compartecipazione" sono le accuse che hanno portato alla richiesta di 225 anni di galera, assieme alla richiesta di danni per milioni di euro, per 25 imputati, alcuni di loro anche feriti dalle forze dell'ordine oltre a quelli della Diaz e della caserma di Bolzaneto, tutto questo mentre i danni subiti dai partecipanti alle manifestazioni di quei giorni non verranno risarciti.
Invece i vertici delle forze dell'ordine operanti in quei giorni hanno avuto solo promozioni, e nessuna inchiesta ha portato a responsabilità dei "tutori dell'ordine".
Speriamo che ormai sia chiaro a tutti quanto le istituzioni continuino ad operare col solo intento di demonizzare il movimento, continuando a dare massimo risalto agli episodi di saccheggio della città di Genova e sorvolando volutamente sui gravissimi episodi di violenza fisica e psicologica ai danni di manifestanti inermi, nonché sulle oscure manovre all'interno dei "palazzi", in quei giorni veri e propri covi di un "potere fascista" ben conscio di appoggio e protezione incondizionata.
Vogliono che si continui a parlare solo ed esclusivamente dei soggetti a cui è stato permesso di mettere a ferro e fuoco la città. Lo vogliono oggi come allora hanno voluto tacere su tutto quel movimento, anche anarchico, che ha sfilato per la città di Genova pacificamente con le proprie bandiere e i propri specifici contenuti e che, mentre i "fantomatici black block" si dedicavano indisturbati ad una metodica opera di devastazione, si è trovato di fronte schieramenti di polizia intenti ad un'opera di repressione armata contro le mani nude di migliaia di donne ,uomini giovani ed anziani, intensificando con più rabbia la repressione anche contro quanti accorsi a Genova alla notizia della morte di Carlo Giuliani.
Non abbiamo dato allora questa opportunità e non daremo oggi l'opportunità di archiviare quanto di vergognoso è avvenuto in quei giorni.
Quel movimento chiede oggi la verità sulle responsabilità politiche di chi ha gestito quei giorni.
Chiede la ammissione delle violenze inaudite compiute dalle forze dell'ordine e dalla loro catena di comando.
Chiede giustizia sulla repressione e sui soprusi subiti dalla città e da chi in quei giorni ha vissuto un'ingiustificabile violenza.
In quanto parte delle mobilitazioni internazionali contro il G8 del 2001, in quanto partecipanti alle manifestazioni di quei giorni a Genova, i comunisti anarchici "pur non aspettandosi nessuna giustizia dalle istituzioni dello stato" si riconoscono pienamente nel movimento che oggi scende in piazza per chiedere verità e non dimenticare quelle giornate e per ricordare che "la violenza armata è dello Stato ed è sempre violenza contro gli inermi".


Federazione dei Comunisti Anarchici
14 novembre 2007
Violenza, propaganda e deportazione.

Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne


> [Si può sottoscrivere qui:
> http://www.petitiononline.com/trianero/petition.html]
>
> Il triangolo nero
> Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori, artisti
> e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne
>
> La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne
> d'allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane
> suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una
> nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando
> "emergenze" e additando capri espiatori.
> Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L'omicida è sicuramente un
> uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per
> fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella
> vita. L'odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene
> rimosso.
> Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata
> e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No:
> della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali;
> della prima si deve sapere che è italiana, e che l'assassino non è un
> uomo, ma un rumeno o un rom.
> Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con
> spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita di un supermercato,
> ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che
> rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro
> condizioni, nulla è più dato sapere.
> Su queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di massa.
> Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine sgomberano la
> baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra
> cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
> E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono
> rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini
> devono essere espulsi dall'Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e
> di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l'emergenza.
> Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità
> (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più
> bassi dell'ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati
> commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto
> Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l'indagine Istat 2007
> dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci
> la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni
> ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il
> responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il
> marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono
> spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
> Nell'estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal
> padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra
> culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare,
> era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne.
> Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture
> altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione
> e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l'aspetto
> fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di
> contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic
> Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel
> lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell'influenza
> politica, l'Italia è 84esima. Ultima dell'Unione Europea. La Romania è
> al 47esimo posto.
> Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
> Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i
> rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che
> impegnarsi nelle vere cause del panico e dell'insicurezza sociali
> causati dai processi di globalizzazione.
> Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso
> viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare
> le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all'assistenza
> sanitaria, al lavoro e all'alloggio dei migranti; che è più facile
> mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case,
> piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
> Succede che sotto il tappeto dell'equazione rumeni-delinquenza si
> nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
> Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima
> di un omicidio bianco.
> Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a
> prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita
> organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini
> italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza
> sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
> Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver
> "delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da
> fame ai lavoratori.
> Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo
> giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d'ora di popolarità.
> Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno
> continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra
> convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa
> desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si
> esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno
> tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi
> da fuoco.
> Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto,
> come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in
> Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente,
> nell'ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che
> promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà,
> dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali
> e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo
> uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
> Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell'intolleranza il
> triangolo nero degli asociali, il marchio d'infamia che i nazisti
> applicavano agli abiti dei rom.
> E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra
> contro i poveri.
> Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci
> appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la
> dismissione dell'intelligenza e della ragione.
> Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
> Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso morale".
> Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
> Nessun popolo è illegale.
>
> Adesioni aggiornate alle 16.00 di mercoledì 14 novembre 2007:
>
> Proposto da Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele,
> Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana
> Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania
> Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce, Wu Ming.
> Primi firmatari Fulvio Abbate - Maria Pia Ammirati - Manuela Arata -
> Bruno Arpaia - Articolo 21 - Rossano Astremo - Andrea Bajani - Nanni
> Balestrini - Guido Barbujani - Ivano Bariani - Giuliana Benvenuti -
> Silvio Bernelli - Stefania Bertola - Bernardo Bertolucci - Sergio
> Bianchi - Ginevra Bompiani - Carlo Bordini - Laura Bosio - Botto&Bruno -
> Silvia Bre - Enrico Brizzi - Luca Briasco - Elisabetta Bucciarelli -
> Franco Buffoni - Errico Buonanno - Lanfranco Caminiti - Rossana Campo -
> Maria Teresa Carbone - Massimo Carlotto- Lia Celi - Maria Corbi -
> Stefano Corradino - Mauro Covacich - Erri De Luca - Derive Approdi -
> Donatella Diamanti - Jacopo De Michelis - Filippo Del Corno - Mario
> Desiati - Igino Domanin - Tecla Dozio - Nino D'Attis - Francesco Forlani
> - Enzo Fileno Carabba - Ferdinando Faraò - Marcello Flores - Marcello
> Fois- - Barbara Garlaschelli - Enrico Ghezzi - Tommaso Giartosio - Lisa
> Ginzburg - Roberto Grassilli - Andrea Inglese - Franz Krauspenhaar - Kai
> Zen - Nicola Lagioia - Gad Lerner - Giancarlo Liviano - Claudio Lolli -
> Carlo Lucarelli - Marco Mancassola - Gianfranco Manfredi - Luca Masali -
> Sandro Mezzadra - Giulio Milani - Raul Montanari - Giuseppe Montesano -
> Elena Mora - Gianluca Morozzi - Giulio Mozzi - Moni Ovadia - Enrico
> Palandri - Chiara Palazzolo - Melissa Panarello - Valeria Parrella -
> Anna Pavignano - Lorenzo Pavolini - Giuseppe Pederiali - Sergio Pent -
> Santo Piazzese - Tommaso Pincio - Guglielmo Pispisa - Leonardo Pelo -
> Gabriele Polo - Andrea Porporati - Alberto Prunetti - Laura Pugno -
> Christian Raimo - Veronica Raimo - Franca Rame - Lidia Ravera - Enrico
> Remmert - Ugo Riccarelli - Anna Ruchat - Roberto Saviano - Sbancor -
> Clara Sereni - Gian Paolo Serino - Nicoletta Sipos - Piero Sorrentino -
> Antonio Spaziani - Subsonica - Carola Susani - Stefano Tassinari -
> Annamaria Testa - Laura Toscano - Emanuele Trevi - Filippo Tuena - Raf
> Valvola Scelsi - Francesco Trento - Nicoletta Vallorani - Paolo Vari -
> Giorgio Vasta - Grazia Verasani - Sandro Veronesi - Marco Vichi -
> Roberto Vignoli - Simona Vinci - Yo Yo Mundi
> Aderiscono Silvia Acquistapace - Armando Adolgiso - Enzo Aggazio -
> Valerio Aiolli - Fiora Aiazzi - Loredana Aiello - Cristina Ali Farah -
> Max Amato - Cris Amico - Cinzia Ardigò -Roberto Armani -Paolo Arosio -
> Monia Azzalini - Eva Banchelli - Barbara Barni - Adriano Barone -Daniela
> Basilico- Simona Baldanzi - Barbara Balzarotti - Remo Bassini -
> Elisabeth Baumgartner - Sandro Bellassai - Gigi Bellavita - Francesca
> Bonelli - Violetta Bellocchio - Paola Bensi - Alessandro Beretta -
> Alberto Bertini - Donatella Bertoncini - Marco Bettini - Paolo Bianchi -
> Nicoletta Billi - Valter Binaghi - Enrico Blasi -Augusto Bonato -
> Emanuele Bonati - Valentina Bosetti - Nadia Bovino - Giovanni Bozzo -
> Anna Bressanin - Annarita Briganti - Luciano Brogi - Gianluca Bucci -
> Manuela Buccino - Giusi Buondonno - Leonardo Butelli -Daniele Caluri -
> Nives Camisa - Maurizia Cappello - Paolo Capuzzo - Luigi Capecchi
> -Alessandro Capra - Carlo Carabba - Enrico Caria - Valentina Carnelutti
> - Eleonora Carpanelli - Guido Castaman - Silvia Castoldi - Ettore
> Calvello- Francesco Campanoni - Ernesto Castiglioni - Fabrizio
> Centofanti - Paola Chiavon - Marcello Cimino - Paolo Cingolani - Anselmo
> Cioffi - Beatrice Cioni - Francesca Corona - Stefano Corradino - Marina
> Crescenti - Vittorio Cartoni - Marcello D'Alessandra - Cristina
> D'Annunzio - Gabriele Dadati - Manuela Dall'Acqua - Paola D'Apollonio -
> Antonella De Luca - Patrizia Debicke van der Noot - Lello Dell'Ariccia -
> Paolo Delpino - Valentina Demelas- Chiara Desiderio - Prisca Destro-
> Francesco Di Bartolo - Chiara Dionisi - Martina Donati - Bruna Durante -
> Arturo Fabra- Marina Fabbri - Franco Fallabrino - Graziella Farina -
> Giulia Fazzi - Giorgia Fazzini - Raffaele Ferrara - David Fiesoli -
> Claudia Finetti - Maurizio Forte -Lissa Franco - Gabriella Fuschini -
> Daniela Gamba - Pupa Garriba - Walter Giordani - Viorica Guerri - Maria
> Nene Garotta - Luisa Gasbarri - Massimiliano Gaspari - Catia Gasparri -
> Valentina Gebbia - Lucyna Gebert- Silvana Giannotta -Angelica Grizi
> -Emiliano Gucci -Lello Gurrado - Francesca Koch - Rossella Kohler -
> Fabio Introzzi - Maria Rosaria La Morgia - Daniela Lampasona - Federica
> Landi - Loredana Lauri -Albertina La Rocca - Filippo Lazzarin - Sabina
> Leoni - Elda Levi - Mattea Lissia - Mariagrazia Lonza - Francesco Lo
> Piccolo - Giorgio Lulli - Monica Lumachi - Gordiano Lupi - Iseult Mac
> Call - Luca Maciocca- Giovanna Maiola - Alessandro Maiucchi- Ilaria
> Malagutti - Manuela Malchiodi - Felicetta Maltese - Emanuele Manco -
> Federica Manzon - Roger Marchi - Mauro Marcialis - Adele Marini -
> Gianluca Mascetti - Laura Mascia -Giusy Marzano- Anna Mascia - Mara
> Mattoscio - Stefano Mauri - Lorenzo Mazzoni - Ugo Mazzotta - Michele
> Mellara - Michele Meomartino- Camilla Miglio - Paola Miglio - Laura
> Mincer - Olek Mincer - Mauro Minervino - Roberto Mistretta- Giorgio
> Morale - Isabella Moroni - Elio Muscarella - Ettore Muscogiuri - Nino
> Muzzi - Rosario Nasti - No Reply - Giovanni Nuscis - Fabio Pagani - Dida
> Paggi - Valentina Paggi - Iulia Claudia Panescu - Rafael Pareja - Enrico
> Pau- Simonetta Pavan - Monica Pavani - Alessandra Pelegatta - Graziella
> Perin - Bruna Perraro - Seba Pezzani - Alessandro Piva- Serena Polizzi -
> Massimo Polizzi - Francesca Pollastro - Alessia Polli - Sabrina Poluzzi
> - Nicola Ponzio - Anna Porcu - Kiki Primatesta - Salvatore Proietti -
> Maddalena Pugno - Andrea Rapini - Vincent Raynaud -Paolo Reda - Luigi
> Reitani - Jan Reister- Sergio Rilletti - Mirella Renoldi - Patrizia Riva
> - Monica Romanò - Alessandro Rossi - Grazia Rossi - Luisa Rossi - Marta
> Salaroli - Carlo Salvioni - Ida Salvo - Bianca Sangiorgio - Veronica
> Alessandra Scudella - Maria Serena Sapegno - Simone Sarasso - Dimitri
> Sardini - Monica Scagnelli - Angela Scarparo - Gabriella Schina -
> Elvezio Sciallis - Marinella Sciumè - Matteo Severgnini - Michèle Sgro -
> Carlo Arturo Sigon - Genziana Soffientini - Crio Spagnolo - Mario Spezi
> - Mila Spicola - Susi Sacchi - Mariagrazia Servidati - Mattia Signorini
> - Luigia Sorrentino - Stalker/Osservatorio nomade - Claudia Stra' -
> Luigi Taccone - Giorgio Tinelli - Veronica Todaro - Eugenio Tornaghi -
> Umberto Torricelli - Sara Tremolada - Renato Trinca - Nadia Trinei -
> Roberto Tumminelli -Tonino Urgesi - Sasa Vulicevic - Angela Valente -
> Roberto Valentini - Maria Luisa Venuta - Selene Verri - Diego Zandel -
> Salvo Zappulla
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Dalla caccia al terrone alla caccia al rumeno:
controllo, sfruttamento e violenza di genere


Qualche decennio fa bastava essere "terrone" per essere considerato mafioso, violento ed inferiore alla pura razza del Nord Italia; se rintracciati "fuoriluogo", per esempio in cerca di lavoro al Nord e in difficoltà di trovare lavoro e alloggio, si veniva rispediti al paese natale con foglio di via.
Oggi molti dei figli, dei nipoti di quei terroni che ce l'hanno fatta a trovare lavoro al Nord hanno dimenticato grazie al meccanismo di oblio imposto dai poteri tutto questo e sono pronti a rifarsela con gli ultimi arrivati, soprattutto se provenienti dai paesi dell'Est, anche se molti/e di questi paesi fanno parte della stessa Comunità europea. Più crescono le difficoltà di arrivare a fine mese, più c'è il rischio che la gente cominci a ragionare sulle fortissime disuguaglianze economiche e sociali, più aumenta il bisogno di un capro espiatorio.
Ogni volta che c'è una crisi economica strisciante e che larghi strati della popolazione soffrono disagi economici e sociali spunta fuori un nuovo gruppo di terroni causa di tutti i guai. Fini & Co. soffiano naturalmente sul fuoco di questa situazione, d'altra parte restano fascisti e quindi il razzismo che è alla base della loro ideologia spunta fuori anche dalle camicie bianche e dai doppiopetti con i quali si presentano.
Ben più grave, ma perfettamente inserito nell'attuale quadro politico di inseguimento a destra del più becero senso comune, che per un pacchetto di voti da strappare a destra, ancora più a destra, se una donna viene assalita da un rumeno, è in fin di vita, immediatamente si proceda con un decreto che riguarda la possibile espulsione di tutti i rumeni, si abbattano le baracche in cui vivevano gruppi di individui al limite della sopravvivenza, si legittimino ronde e pestaggi. Così, con misure tanto demagogiche quanto inefficaci, si fa finta di aver risolto tutti i problemi, dall'aggressività di gruppi di emarginati che danno noia ai semafori alla povertà troppo visibile, in parallelo con quello che tanti bravi sindaci stanno facendo in giro per l'Italia: spazzare l'immondizia sotto il tappeto. E pazienza se si è barato sulle cifre per costruire l'emergenza.
E questo fa ancora più rabbia pensando alle tante donne barbaramente uccise, anche solo in questi ultimi mesi, da uomini, mariti o fidanzati, per cui si parla di un generico raptus di follia, e che non sembrano meritare altrettanto dolore, altrettanta rabbia, altrettanta determinazione a far si che non succeda più. Vittime di serie B perché uccise all'interno della famiglia, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio, per nascondere il sempre maggiore impoverimento, l'inesistenza di politiche sociali di accoglienza e di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l'abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, il cedere di tanta società civile alle semplicistiche equazioni straniero=criminale. E dei fascisti che hanno aggredito i rumeni nella stessa zona che facciamo: li espelliamo dall'Italia e dalla comunità europea e li facciamo diventare apolidi o li consideriamo salvatori dell'italica patria?
Il guaio è che il trucco del "dagli all'untore" è destinato ai lavoratori/lavoratrici che avrebbero ben altri interessi. Quanti problemi reali sono nascosti dietro il problema della sicurezza, per volontà dei governi di asfaltare la società in un unico gregge silenzioso e penitente? Aumento del costo della vita, contratti non rispettati, precarizzazione sempre più avanzata, servizi sempre più privatizzati e costosi e sempre meno efficienti, crescente indebitamento per tutti, con conseguente aumento della ricattabilità e del controllo sociale. E della paura. Del domani. Dello scippatore. Del diverso.
Allora diciamo chiaramente che città più sicure sono città meno povere, in cui si trovano i soldi per dare una casa a chi non ce l'ha, dove investire in cultura significa mediazione culturale e inserimento scolastico prima che notti bianche e passerelle di star, dove nessuno è clandestino e quindi tutti possono lavorare in regola e non essere così ricattabili, dove la sopraffazione non è una catena senza fine che alla fine uccide i più deboli, di solito le donne.
Non quelle in cui si scacciano i bambini da un ricovero di cartone per paura dello straniero.
Ma per avere città come quelle che vogliamo, e non come quelle che stanno costruendo per noi, bisogna riprendere con più vigore la lotta di classe, fare in modo che le disuguaglianze diminuiscano, che la solidarietà fra donne e uomini di qualsiasi nazionalità riprenda con forza, riportando all'attenzione di tutti i limiti di questa società nella quale cresce sempre più la ricchezza di pochi e lo sfruttamento di molti e dove la violenza contro le donne ne fa da padrone.
Contro le politiche razziste e sessiste e il crescente stato di polizia
Unità, solidarietà, lotta di classe e femminista!
Federazione dei Comunisti Anarchici
6 novembre 2007