
Se n’è andata mercoledì 10 aprile, dopo una lunga lotta contro la malattia,
Silvia Francolini.
Accade a Losanna, città in cui aveva scelto di vivere con il suo
compagno Ismael Zosso, ed Emilio, il loro figlio di appena due anni.
Nata a Fano nel 1977, Silvia si era laureata in Lingue e letterature
straniere moderne, contemporaneamente lavorando ed impegnandosi nei
collettivi libertari fanesi, primo fra tutti quello che negli anni ’90
mise sotto l’attenzione cittadina il grave problema dell’assenza di
spazi autogestibili dai giovani nella città addomesticata dai partiti e
dalla convivialità commerciale (epiche alcune occupazioni di stabili
sfitti sotto la giunta Carnaroli-PD).
Silvia, proveniente da una famiglia di solida cultura operaia, è
culturalmente molto preparata sulla storia dei movimenti antirazziali e
del movimento Black panters, ed ha portato a Fano in quegli anni
interessanti iniziative, tra le quali quelle di sensibilizzazione contro
la pena di morte negli USA (ricordiamo la campagna per la vita di Mumia
Abu Jamal, o quella per il nativo americano Leonard Peltier). Nel
frattempo si è occupata dell’attività della sezione fanese della
Federazione dei comunisti anarchici, attiva nel movimento politico
provinciale per le lotte sindacali, i diritti civili, l’antirazzismo,
nella piccola sede di via G. da Serravalle 16, ora Infoshop, ed ha anche
di recente contribuito alla costruzione del Centro studi Franco
Salomone, con sala riunioni e biblioteca, a Fano2.
Da alcuni anni viveva in Svizzera, lavorava come insegnante, era attiva
presso il Centro internazionale di ricerche sull’anarchismo, Cira, di
Lausanne, luogo internazionalmente noto presso il quale si era formata
come archivista, dando manforte al lavoro di archiviazione di documenti
in lingua italiana e supportando molte attività multilingue. E’ stata
presente ad iniziative “ponte” tra lingue e culture nell’ambito
dell’anarchismo, in ultimo al raduno internazionale di Saint Imier.
Il suo amore per la sua città d’origine, Fano, l’ha vista tentare
diverse volte un ritorno, nonostante la congiuntura economica
sfavorevole; Silvia, amava il sole e il mare, il dialetto e la cucina
fanese, proprio a lei e al suo compagno si deve il varo di un’impresa di
pedagogia tutta mirata al Porto di Fano e al mare, “Passaporto”,
integrata ed originale.
Nonostante i tanti interessi che la legavano al territorio (ricordiamo
anche la sua partecipazione a seminari e spettacoli del centro danza
Hangart di Pesaro), come succede per tante giovani persone italiane, il
lavoro l’ha tenuta a lungo altrove. Certo è riduttivo parlare di “fuga
dei cervelli” per persone che come lei hanno dato tanto in calore umano,
passione politica e affetto, alla sua città. Silvia è riuscita, anche
in questi ultimi anni, a costruire ponti tra due realtà apparentemente
lontane, come le sue due città, Lausanne e Fano, e da questo pensava di
trarne un pamphlet ironico che raccontasse la Svizzera vista da una
italiana, anzi da una marchigiana. Quante risate alla descrizione del
vago odore di benzina che si sollevava dal lago di Losanna al primo
raggio di sole primaverile, quando le famiglie svizzere fanno capolino
per una grigliata, ed i capifamiglia armeggiano al barbecue in
pantaloncini rigorosamente color kaki!
In questo momento in cui sembra sempre che, dopo tanti passi in avanti
su quei ponti, la sua scomparsa ci faccia improvvisamente tornare
indietro, siamo vicine al suo compagno, Ismael Zosso, ed al piccolo
Emilio, perché quei ponti, fatti di umanità, di presenze tangibili e
corporee, di sapori e parole, restino percorribili in entrambi i sensi,
ed il senso della passione umana e politica di Silvia, siamo sicure, ci
sosterrà sempre nei tragitti. Animiamo questo momento di sconforto e
gelo con gli ideali e il vino rosso che condividiamo con Silvia.